[Silvia e Linda, Cicliste per caso]
A leggerla, la storia di Alfonsina Strada fa venire la pelle d’oca.
Mi succede spesso quando leggo di imprese straordinarie. O meglio, quando leggo di persone che danno tutto, ogni giorno, per costruire il proprio destino straordinario.
Alfonsina Strada si può definire come una pioniera della parità di genere in ambito sportivo, ma secondo me è un po’ riduttivo. Io penso a lei come ad una donna indomita con una tenacia d’altri tempi e l’urgenza del riscatto. Insomma, una donna tosta, con un’energia contagiosa.
Naturalmente non sono la sola ad aver subito il fascino di una figura così intraprendente: anche per Silvia e Linda, Cicliste per caso, Alfonsina è una musa ispiratrice (le hanno addirittura dedicato un podcast!). Silvia e Linda hanno fatto della bici uno stile di vita: per loro la bicicletta non è solo un mezzo di spostamento, è una scelta di libertà, sostenibilità e gentilezza. Così, le ho invitate a fare due chiacchiere con me per parlare di Alfonsina Strada e riflettere sulla parità di genere nello sport oggi (spoiler: siamo messe male).
Brunella: Qual è la storia di Alfonsina Strada?
Silvia: Alfonsina era una donna nata alla fine dell’800 in un paese dell’Emilia Romagna e che ha trovato nella bicicletta un modo di scappare dalla povertà della sua famiglia e da un destino già scritto. Era brava ad andare in bici e ha cominciato a gareggiare e a vincere. Con grande determinazione è riuscita a partecipare a due gare per soli uomini, il Giro di Lombardia nel 1917 e il Giro d’Italia nel 1924 (il regolamento non vietava alle donne di iscriversi, perché semplicemente la possibilità non era contemplata!).
Alfonsina, a dispetto degli insulti iniziali, riuscì a concludere il Giro d’Italia e a conquistare il rispetto e l’ammirazione del pubblico, che durante il giro le aveva addirittura donato dei soldi per farle proseguire la gara. È diventata una paladina!
La cosa che ci piace è che, anche se la famiglia d’origine l’ha praticamente buttata fuori di casa, Alfonsina ha trovato sempre dei compagni che l’hanno sostenuta nella sua passione: il primo marito come regalo di nozze le donò addirittura una bici da corsa!
B: Perché Alfonsina è una donna assolutamente attuale?
S: Alfonsina era una donna contemporanea, perché già un secolo fa aveva deciso di vivere la sua vita seguendo la sua strada. Fino a quando ha potuto farlo ha gareggiato, poi ha cominciato a girare il mondo lavorando per i circhi, esibendosi per lo zar, facendo le esperienze più disparate.
È vero che Alfonsina è un esempio di parificazione di genere, ma la cosa che colpisce di più è che a lei non importava dell’empowerment o della parità di genere: per lei era importante fare ciò che le piaceva e che le consentiva di guadagnare. Alfonsina seguiva i sogni senza lasciarsi schiacciare dai pregiudizi o dal destino che era stato scritto per lei.
B: Chi sono secondo voi le Alfonsine di oggi?
S: Sono le donne di tutta Italia, che inseguono i loro sogni. Sono quelle donne che non si fanno influenzare dai pregiudizi, che vogliono essere libere e vanno dritte per la loro strada. Noi, ripercorrendo il giro d’Italia, abbiamo raccolto in un libro le storie di alcune donne, più o meno famose, che seguono l’esempio di Alfonsina costruendo il proprio destino. Essere un’Alfonsina non vuol dire per forza avere successo, ma per noi vuol dire essere felici.
B: Come siamo messe oggi con gli stereotipi di genere nello sport e nelle competizioni sportive?
S: Come dice Mabel Bocchi (ex stella del basket femminile), ‘lo sport è un affare da uomini’. Lo sport come lavoro è una cosa per uomini, lo sport per le donne è un passatempo. Come dire, lo sport femminile è uno sport di serie B.
Non tutti sanno ad esempio che esiste anche il giro d’Italia femminile, ma come tutte le cose maschili e femminili, non se ne parla mai: è molto più famoso e seguito il giro d’Italia maschile. C’è un gap pazzesco in tutti gli sport.
Per fortuna le cose stanno cambiando, anche se molto lentamente. Da pochissimo è entrato negli sport professionistici il calcio femminile, cosa che garantisce alle atlete una serie di tutele che nessun’altra sportiva ha: tutte le altre sportive infatti sono considerate dilettanti, non hanno garanzie assicurative o contributive. Ad ogni modo, ora le calciatrici sono professioniste e sui social hanno tantissimi follower. Speriamo che anche gli altri sport riescano a risollevarsi. Le cose come ho detto stanno un po’ cambiando, ma come tutto ciò che è legato al gender gap e all’emancipazione, richiede tempo…però credo che le ragazze di oggi crescano con l’idea che possono fare lo sport che vogliono e non solo la pallavolo o la ginnastica artistica perché sono ‘sport da femmina’.
B: Qual è lo strumento per superare questo gap?
S: Fare rete tra donne, perché insieme siamo più forti. Noi portiamo avanti questa battaglia parlando e condividendo storie di donne come Alfonsina. E lo facciamo viaggiando in sella alla bici, la nostra passione!