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Prendere lo spazio politico: Democrazia della Cura

Ferrara per qualche giorno si è trasformata in un meraviglioso teatro di discussione e di confronto per uno dei festival di Giornalismo più attesi dell’anno, quello di Internazionale. Più di 110 incontri, e ospiti nazionali e internazionali ad arricchire questo fine settimana di riflessioni per immaginare, o almeno provare ad immaginare il futuro, partendo dalla politica nazionale ed internazionale, fino a toccare i temi più caldi per quanto riguarda i diritti civili e politici in Italia e nel Mondo.

Come Contemporanee abbiamo partecipato a questo meraviglioso momento di incontro e lo abbiamo fatto non solo come Media Partner per il festival, partecipando alle conferenze, intervistando gli ospiti e scrivendone, ma anche all’interno del panel L’energia delle donne, un momento di riflessione per pensare insieme ed immaginare una transizione energetica che metta al centro le donne e che ne riconosca il ruolo per uno sviluppo che sia veramente sostenibile ed inclusivo.

Che significato ha il concetto di cura e perché è così importante per le donne che questo concetto si appropri dello spazio pubblico.

I dati ci raccontano che il lavoro di cura viene svolto perlopiù da donne: Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in Italia, le donne svolgono 5 ore e 5 minuti di lavoro non retribuito di assistenza e cura al giorno mentre gli uomini un’ora e 48 minuti. Le donne si fanno carico del 74 per cento del totale delle ore di lavoro non retribuito di assistenza e cura.

All’interno di tre conferenze organizzate da InGenere abbiamo provato ad immaginare e a riflettere sul concetto di Cura, quale elemento essenziale per riformulare e dare dignità al ruolo delle donne, ma soprattutto per continuare a immaginare un pensiero che veda le donne come protagoniste a pieno titolo della riflessione politica e sociale.

Il progetto politico femminista procede con l’intento di recuperare quelle categorie che sono state oggetto di una vera e propria elusione (o rimozione) dalla politica occidentale, che ha visto come unico protagonista il genere maschile, e tenta di smascherare le false dicotomie che sono state introdotte.

Siamo abituati a pensare che l’assoluto sia maschile, e che le donne e le istanze e i bisogni delle donne siano qualcosa di diverso, di secondario: Nel corso della storia del pensiero non solo filosofico ma anche politico, i bisogni delle donne non sono mai stati raccontati e di ciò non ha solo risentito la narrazione, ma anche l’elaborazione tecnica che ha cominciato a considerare le donne, non senza difficoltà, soltanto da metà dell’Ottocento.

Ancora oggi i problemi di questa impostazione hanno gravi conseguenze pratiche: dalle ricadute sulla nostra salute, visto che, solo per fare un esempio, la maggior parte dei test sui farmaci vengono effettuati sulla base di risultati che sono conseguiti sulle specificità delle persone di sesso maschile e delle loro particolarità; o, ancora, al fatto che le città siano a misura d’uomo, ma ancora molto poco a misura di donna, per esempio non considerando gli spostamenti delle donne nel momento in cui si progetta e si realizza un nuovo quartiere o un nuovo edificio residenziale, come ha raccontato ad Internazionale Zaida Muxi Martinez, docente dell’Università Politecnica della Catalogna.

Essenziale per il concetto di uguaglianza e il ruolo delle donne nella dimensione sociale è stato il pensiero di Joan Tronto, ospite a Ferrara, prima politologa a coniare ed elaborare il rivoluzionario concetto di Democrazia della Cura.

Distante dal femminismo delle origini, che rivendica per la donna uguali capacità rispetto agli uomini, il pensiero di Tronto si posiziona una strategia diversa, che mira a un’affermazione della differenza femminile, di valore non inferiore all’analogo maschile.

In particolare si accentua il valore della cura e dell’interdipendenza umana come dimensione imprescindibile per rivalutare il concetto di uguaglianza e di società. Questo nuovo approccio parte dall’assunto che sono gli esseri umani, e non la singola persona, ad essere i protagonisti della politica. La politica non può che essere uno spazio di relazione tra esseri uguali, altrimenti non si comprenderebbero tra loro, e al tempo stesso diversi, in quanto ognuno ha una storia irripetibile da portare all’attenzione di altri.

Ma allora l’essere umano non è solo quel soggetto che intende affermare la propria autonomia e la propria ragione, ma anche un soggetto dipendente e fragile. L’essere umano non nasce indipendente, anzi deve attraversare una lunga fase di dipendenza totale dai genitori, e può in seguito attraversare fasi più o meno lunghe – durante la vita da adulto – di dipendenza da altri, infine quando sarà anziano la condizione di dipendenza tornerà ad accentuarsi, e in taluni casi a divenire assoluta.

In questa nuova concezione di essere umano legato visceralmente al prendersi cura, si inserisce anche un concetto nuovo di uguaglianza, che deve per forza tenere conto delle diverse condizioni in cui l’essere umano può venire a trovarsi nel corso della vita. Condizioni che richiedono necessariamente un lavoro di cura da parte di tutti gli altri componenti della società.

Ciò che accomuna tutte le persone è allora il loro bisogno di cura. Gli esseri umani stabiliscono tra di loro relazioni di interdipendenza reciproca ed è da qui che si deve partire per ricostruire un’etica e una teoria politica che pongano l’indipendenza, l’autonomia e l’uguaglianza come un risultato a cui giungere, ma sempre minacciato e mai perseguibile in termini assoluti.

Siamo abituati a pensare che la dipendenza sia un rischio: passa il concetto che chi non è indipendente non può essere un cittadino nel pieno dei propri diritti. Alternativamente a questo assunto la cura è uno dei modi per riconoscere che la dipendenza umana è una necessità ma anche una condizione da superare. Insomma, mutare la descrizione antropologica della natura umana ci permetterebbe di abbandonare la finzione secondo cui tutti gli esseri umani sono uguali per porre l’uguaglianza come un obbiettivo politico e per dare dignità e spazio a chi svolge il lavoro di cura nella nostra società.

Per Tronto solo intendendo la cura come idea politica, saremo in grado di cambiare la sua condizione e quella di chi svolge il lavoro di cura all’interno della nostra cultura, che in tutto il mondo sono principalmente donne.

Si stanno facendo dei passi avanti e, straordinariamente, la Pandemia di COVID 19 ha portato sotto agli occhi di tutti l’importanza e la rilevanza del lavoro di cura, spingendo anche i politici in ogni parte del mondo, in primis Biden durante la campagna elettorale nel 2020, ad inserire nei loro programmi politici punti che affrontano il tema della cura. Anche le Università contribuiscono al dibattito: sempre più studi e ricerche si soffermano sul ruolo politico della cura come cardine per nuovi progetti di policy.

È essenziale elaborare nuove teorie che mettano al centro le donne e il loro ruolo sociale, calarle sul piano politico e, finalmente, sedersi ad un tavolo e elaborare progetti concreti, per smascherare quello che per secoli è stato tenuto nascosto sotto al tappeto della nostra società: l’immane dose di lavoro e di responsabilità che le donne devono portare nello spazio privato, e pretendere che vengano portati al centro del dibattito pubblico, nello spazio che questi temi si meritano di avere.

LA PAROLA A VOI

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CONTRIBUTOR

  • Lucia Ori è europea, classe 2001, originaria di Parma, polemica per natura.  È studentessa di giurisprudenza all’Università di Trento. Appassionata di giornalismo e politica nazionale ed europea, ama non solo scriverne ma anche prenderne attivamente parte come attivista. Ambasciatrice della Fondazione Antonio Megalizzi, per raccontare nelle scuole a giovani ragazzi e ragazze l’Unione Europea, parte del coordinamento del progetto Panchine Europee in Ogni città ed ex alunna di Scuola di Politiche.

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