Il generalissimo Roberto Vannacci non demorde: ed anzi, ritorna sulle posizioni precedentemente espresse, dichiarando che l’astro della pallavolo Paola Egonu non rappresenterebbe” l’italianità”, in virtù dei propri “tratti somatici.”
Sarà. Ma lo sconcertante (quanto ostinato) esercizio di fisiognomica, nulla toglie alla vittoria Olimpica delle azzurre della pallavolo, che “l’italianità” la rappresentano eccome, dalla prima all’ultima.
La nazionale femminile di pallavolo si è infatti aggiudicata l’oro ai Giochi di Parigi 2024, annichilendo le campionesse americane, con un risultato senza precedenti nella storia autoctona.
Ed a farlo, ci è riuscita grazie al talento eccezionale di sportive, tra le altre, come Loveth Omoruyi, Myriam Sylla, Paola Egonu, Ekaterina Antropova, o come la “teutonica” Sara Fahr.
Il magnifico 3-0 della squadra di Julio Velasco ha condotto infatti le azzurre sul vertice del podio, e le destina perciò alla consegna del tricolore da parte del Presidente Mattarella, nel mese di settembre, insieme agli altri campioni olimpici.
Ed ora, dopo questa vittoria che ha riscritto la storia della pallavolo nazionale, non ci resta che ricordare a Roberto Vannacci che l’italianità che ai giochi Olimpici abbiamo visto ricoprirsi (e ricoprirci) di gloria, non ha proprio nulla a che fare con teorie lombrosiane a proposito dei “tratti somatici”.
Ha a che fare, piuttosto, con “condivisione, identità, sorellanza”. Con lo “spirito di squadra.”
Ed è la sola “italianità” in cui valga la pena, oggi, identificarci. Tutt* quant*.
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