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Il Dipartimento della Difesa americano bandisce dalle scuole il libro per l’infanzia di Julianne Moore

Quello a cui stiamo assistendo volgendo lo sguardo oltreoceano è davvero inquietante. Non solo per le politiche adottate dalla nuova amministrazione Trump e dall’inquietante influenza di Elon Musk su di esse.
Non è la prima volta che le politiche contrarie a quelle DEI (acronimo di Diversity, Equity & Inclusion) spingono a censurare prodotti e titoli letterari sollevando polemica su una presunta pericolosità sociale.

Noti i casi del diario di Anne Frank e di Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, entrambi nel mirino della censura in alcune scuole.
L’ultima notizia coinvolge un’attrice famosa in tutto il mondo. Parliamo di Julianne Moore, icona di Hollywood, donna dai molteplici interessi tra cui la scrittura per l’infanzia. Dai primi anni duemila infatti, Moore ha iniziato a scrivere libri di successo tra la fascia di età di cinque e sei anni; storie semi-autobiografiche con protagonista una simpatica bimba dai capelli rossi.


Nel 2007 è l’anno di pubblicazione di Freckleface Strawberry, un libro sul percorso di autoaccettazione che la piccola protagonista comincia per via delle sue lentiggini – da qui il paragone con le fragole del titolo. Si tratta di un lavoro che con leggerezza e cura accompagna le persone piccole spiegando loro l’immenso valore dell’unicità e della diversità. Il libro è ancora un best-seller negli Stati Uniti, lodato su media importanti come il New York Times e recensito a cinque stelle su piattaforme di vendita come Amazon.


Freckleface Strawberry tuttavia può paradossalmente rappresentare un pericolo. Quando parliamo di autoaccettazione infatti non stiamo parlando soli di accettare il nostro corpo così com’è, con le sue caratteristiche peculiari. L’accettazione è anche una possibile risposta al mindset capitalistico su cui, in questo caso, è fondata la stessa società, non solo statunitense. Accettarsi significa non considerare gli inestetismi, quindi, non spendere denaro per cambiarsi, per “migliorarsi”, significa ignorare le pubblicità piene di positività tossica legata all’obbligo di volersi bene e di valorizzarsi a tutti i costi, come anche ai suoi messaggi pregni di giudizio sul corpo e sugli standard di perfezione irraggiungibili.


Autoaccettazione significa anche imparare a vivere in armonia, senza frustrazioni o odi. Non iniziare un percorso del genere ci consegna alla schiavitù dell’occhio esterno e del sistema capitalista e performativo.
In questo senso, il libro di Moore può considerarsi pericoloso. Bene quindi che si sollevi una risposta da parte di chi nelle politiche DEI ripone speranza, purché non si tratti solo di risate e ilarità. Perché non c’è nulla da ridere riguardo l’ossessione – a tratti ridicola – dello spudorato tentativo da parte dell’estrema destra di mantenere la comunità complessata, ignorante e schiava del pensiero – questo davvero – unico: quello maschile, bianco, abile e ricco.

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