“PMA per tutte”: la campagna dell’Associazione Luca Coscioni contro le discriminazioni della legge 40

3 Settembre 2025

Con una maxi affissione davanti ai Musei Vaticani e una raccolta firme in corso, l’Associazione Luca Coscioni rilancia la campagna “PMA per tutte”, chiedendo la modifica della legge 40 del 2004 per garantire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche a donne single e coppie dello stesso sesso.

Protagonista dell’iniziativa è Maria Giulia d’Amico, 31enne nata da madre single grazie alla PMA, oggi vietata in Italia per le donne non in coppia eterosessuale. Sul manifesto in piazza Risorgimento, a Roma, campeggia la domanda provocatoria: “Davvero oggi non potrei nascere?”

La campagna, portata avanti da un gruppo di circa 30 donne all’interno dell’Associazione, punta a cambiare l’articolo 5 della legge 40. Nonostante numerosi divieti previsti dalla norma siano già stati annullati dai tribunali, l’esclusione dalla procedura per single e coppie omogenitoriali permane, spingendo ogni anno migliaia di persone a ricorrere alla PMA all’estero.

Il 18 settembre, l’Associazione consegnerà in Senato le firme raccolte. A tal proposito, Filomena Gallo e Francesca Re esortano: “Basta discriminazioni, il Parlamento intervenga”.

Gallo e Re, avvocate, rispettivamente Segretaria e Consigliera Generale dell’Associazione Luca Coscioni, hanno dichiarato congiuntamente: “Dal 2004 a oggi numerosi divieti della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita sono stati rimossi grazie ai tribunali. Rimane però il divieto di accesso alla PMA per le donne singole e per le coppie dello stesso sesso, un divieto che continua a produrre gravi discriminazioni. Ogni anno, infatti, migliaia di persone sono costrette a recarsi all’estero per realizzare il proprio progetto di famiglia grazie alla PMA, mentre in Italia questa possibilità rimane ingiustamente negata. Il legislatore ha oggi la responsabilità di intervenire per rimuovere tale ostacolo e per garantire pari accesso a chiunque ne abbia bisogno, come già chiedono il Parlamento europeo e il Comitato ONU per i diritti sociali”.

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