E’ trascorso un anno dal femminicidio che ha strappato la giovane vita di Giulia Cecchettin, laureanda in ingegneria di Vigonovo, uccisa con brutalità dall’ex fidanzato Filippo Turetta.
Un caso (sebbene “ultimo” di una lunga serie) che, nell’inverno del 2023, aveva esercitato un particolare impatto sull’opinione pubblica, sia in ragione della sua sconvolgente efferatezza, sia in virtù della coraggiosa battaglia dei famigliari di Giulia, Gino ed Elena Cecchettin. Malgrado l’incolmabile vuoto, il padre e la sorella di Giulia avevano infatti trovato la forza di prendere immediatamente una chiara posizione contro “la violenza del patriarcato” e “la cultura dello stupro e del possesso”, appellandosi alla necessità di intervenire al più presto con iniziative mirate all’educazione dei giovani.
Oggi, però – dopo che, nel nostro Paese, altri 91 femminicidi sono stati commessi, e che più nulla si conosce del progetto presentato un anno fa dal ministro Valditara, sull’onda dell’alta attenzione mediatica, “Educare alle relazioni”- appare legittimo chiedersi a che punto siamo realmente.
La professoressa Chiara Cerruti, insegnante ed attivista del movimento transfemminista Non una di meno, si è richiamata all’urgenza di strutturare l’educazione sessuo-affettiva in maniera completamente differente.
A ben poco servirebbe, infatti, concentrarsi sull’aspetto criminalizzante, evidenziando la responsabilità del singolo, a discapito di quella “sociale”.
“Non ho dati certi riguardo all’attivazione di “Educare alle relazioni”, e temo, ad oggi, che il progetto sia caduto nel vuoto – Racconta la professoressa ed attivista – Ma il piano di cui abbiamo bisogno dovrebbe essere curricolare e strutturato, portato avanti da professionisti quali psicologi, psicoterapeuti, ginecologi ed esperti di educazione affettiva e sessuale.”
Per decostruire gli stereotipi appare infatti fondamentale un dialogo aperto, che educhi i giovani a conoscere i propri corpi senza tabù, e dunque, a rispettarli.
Per fortuna, un buon auspicio ci raggiunge attraverso la determinazione di chi non si è mai davvero arreso: la famiglia di Giulia Cecchettin.
Ai microfoni di “Che tempo che fa”, Gino Cecchettin ha infatti raccontato la nascita di una Fondazione dedicata al ricordo di Giulia Cecchettin che, il 18 novembre, presenterà a Montecitorio un progetto che, attraverso i membri del comitato tecnico (professori universitari, pedagogisti, psicologi) prevederebbe l’elaborazione di un piano didattico ad hoc, avente come esito l’inserimento di un’ora di educazione all’affettività in ogni scuola.
“Giulia era una ragazza buona ed altruista. E’ sulla sua linea che vorremmo continuare.”– Ha spiegato Gino Cecchettin, intervistato da Fabio Fazio.
Perchè quel minuto di rumore per Giulia, oggi, non venga messo a tacere, nell’indifferenza generale; ma possa piuttosto trasformarsi nel dialogo che potrà concorrere a salvare altre vite.
© Pic rights Fanpage