Istantanea

Harry Potter continuerà a parlarci di inclusione, come JK Rowling, purtroppo, non ha (più) saputo fare

1 Ottobre 2025

Dissociare – o meno – l’artista dall’opera d’arte? Che eterno dilemma. 

Al bivio esistenziale ci si può sottrarre, il più delle volte, risolvendosi a concludere che una creazione artistica debba essere comunque, in qualche modo, il riflesso di chi le dà vita. E che dunque, se l’artista si fa portavoce di idee miopi e dozzinali, ne debba conseguire anche che il suo repertorio le rispecchi, e non meriti, pertanto, troppa considerazione.

Ma che fare, se considerazioni radicali, trans-escludenti e discriminatorie promanano, come un fiume in piena, da qualcuno che è davvero difficile ignorare? Come JK Rowling, la mamma di Harry Potter?

Da qualche anno, Rowling continua infatti ad essere protagonista di esternazioni alquanto sgradevoli, indirizzate in particolar modo alle donne trans. E su questa falsariga, si è collocato anche un ultimo exploit: in risposta ad un’intervista ad Emma Watson, volto cinematografico della sua Hermione Granger (in cui l’attrice ha ribadito il proprio supporto alla comunità LGBTQ+, ma anche il rispetto per la scrittrice e per la sua eterna creazione), JK non ha di certo usato mezzi termini.

“E’ ignorante, e non sa di ignorare.” Ha sentenziato, rieccheggiando più o meno (in)consapevolmente al motto dell’oracolo di Delfi.

E se a questo punto, per un osservatore super partes, la damnatio memoriae non potrebbe essere che l’unica via… chi è cresciuto, come me, con la saga di JK… fatica invece a raccapezzarsi. Per davvero.

Perchè, bando alle ciance: ecco, il problema più spinoso della questione. Il fatto che l’universo creato da JK, per il suo maghetto con la cicatrice a saetta, non rispecchia affatto una visione del mondo in cui, per alcuni essere umani (o meno), non dovrebbe proprio esserci posto.

Come non ricordare, del resto, il motore narrativo della lotta senza quartiere tra Harry ed il suo antagonista, il perfido Lord Voldemort? Se il secondo ritiene infatti, spalleggiato dai suoi Mangiamorte, che il mondo magico debba appartenere solamente ai maghi Purosangue, l’intera parabola esistenziale di Harry combatte alacremente per dimostrare, esattamente,  il contrario.

E ancora; perchè non citare i tanti personaggi freak, strani, differenti, che abitano la galassia dentro e fuori Howgarts? La “bizzarra” Luna Lovegood, che insieme al padre Xenophilius, studia l’esistenza di creature in cui nessun altro crede? La fragile Ariana Silente, lungamente creduta incapace di usare la magia, e dotata invece di un potere incontrollabile? O forse, la maldestra Auror Nimphadora Tonks, allontanata dalla sua famiglia, ed innamorata di un uomo (assai) più anziano?

Ed ancora, l’iconico guardiacaccia Rubeus Hadrig: nè completamente gigante, nè completamente umano. Metà e metà. La stirpe Weasley: con i loro vestiti usati e la loro casa storta, che fa storcere il naso ai maghi dell’elite. Ma dentro al cuore, un calore che neppure la casata più nobile potrebbe mai comprare.  

Il ragazzone Neville, eternamente preso in giro; sino a quando non si scopre che avrebbe potuto essere lui, dopotutto, “il ragazzo che è sopravvissuto”.

Ed anzi; forse, lo è.

Sino a lui, con la sua fenice di fiamme, che di Howgarts, è l’anima ed il mistero: Albus Silente. Forse, soltanto amico fraterno del mago oscuro Gellert Grindelwald: o piuttosto, disperatamente innamorato di lui. 

Quel tuffo nei ricordi, quello che ci riporta alla prima volta che abbiamo sfogliato “La pietra filosofale”, non contribuisce di certo a dirimere la complessità della questione.

Avevo undici anni, quando ricevetti il primo libro della saga; proprio come il maghetto dalle ginocchia nodose. E l’universo di JK, che mi avrebbe accompagnato per la mia intera adolescenza, non mi parlò mai di esclusione, di dita puntate, di giudizi taglienti come rasoi. 

Ma di un luogo magico, incantevole, accogliente: dove ognuno avrebbe potuto trovare spazio, e scoprire la ricetta  – con l’appoggio degli amici, quelli giusti – per poter imparare a splendere.

E forse, la risposta al dilemma iniziale, è in realtà più semplice di ciò che avremmo mai osato sperare. E cioè…che se chi,  già di per sè estraneo a questo mondo, avrà il sacrosanto diritto, indignato e (giustamente) offeso, di distanziarsene il più possibile…
A noi, born and raised sotto l’egida di un Incanto Patronus, non rimarrà che fare,  piuttosto, così.

Lasciare che la saga di JK continui a parlarci di inclusione, autodeterminazione, libertà. Come non è più stata in grado – per scelta o per, miopia– purtroppo, di fare lei.

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CONTRIBUTOR

  • Rebecca Loffi

    Rebecca Loffi ha conseguito la laurea in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano nel 2016, specializzandosi in Comunicazione.  Attualmente, svolge attività di ufficio stampa per il terzo settore, con particolare riguardo alla fragilità. Da sempre vicina all'associazionismo e alla lotta attiva per i diritti civili, fa parte dell’Associazione Radicale Fabiano Antoniani, nata dalla difesa del fine vita.

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