Secondo la seconda edizione dell’indagine “Gen/Z – Giovani voci per relazioni libere” di Differenza Donna, tra i giovani tra i 14 e i 21 anni emergono dati allarmanti su violenza di genere, sessualità e consumo di pornografia. Come riportato dall’ANSA (Roma, 24 novembre), quasi un quarto degli intervistati (24%) dichiara di aver acconsentito ad atti sessuali pur non volendo, mentre il 34% afferma di aver subìto forme di violenza—percentuale che sale al 39% tra le ragazze e al 65% tra le persone non binarie.
Le forme di violenza più frequenti risultano essere quella verbale e psicologica (entrambe al 27%), seguite da quella sessuale (16%) e fisica (12%). Sul fronte della sessualità, il 63,5% afferma di informarsi attraverso i social, mentre solo il 3,2% dichiara di parlarne in famiglia. Il 17% dei ragazzi guarda pornografia quotidianamente e il 66% l’ha vista per la prima volta prima delle scuole medie. Più di uno su tre (36%) è stato esposto a contenuti pornografici violenti o non consensuali e il 19% ha ricevuto richieste di mettere in pratica comportamenti visti nei video.
Risulta ancora molto diffusa la convinzione che gli stereotipi di genere abbiano basi biologiche: lo pensa il 43% degli intervistati, con un’incidenza che sale a un maschio su due. Tra il 3% e il 5% ritiene inoltre che il “ruolo di cura” sia un tratto biologico.
Fortemente sentita è invece la richiesta di un’educazione sessuo-affettiva strutturata: il 94% vorrebbe programmi obbligatori nelle scuole (98% tra le ragazze, 80% tra i ragazzi). “L’indagine rivela una persistenza preoccupante di stereotipi e violenza di genere. E mentre le nuove generazioni chiedono educazione sessuale e affettiva, le stiamo lasciando sole davanti alla pornografia”, osserva Alessia D’Innocenzo, responsabile per la prevenzione e le attività con i giovani di Differenza Donna, citata dall’ANSA. Aggiunge inoltre che molti non hanno ancora chiaro cosa si intenda per “violenza digitale di genere”, spesso ridotta impropriamente al termine “revenge porn”.
Il focus sulla violenza digitale conferma infatti bassa consapevolezza e alta esposizione: il 47% crede che per evitare la diffusione non consensuale di immagini intime basti non inviarle; il 43% ha ricevuto immagini intime non richieste; il 48% ha ricevuto pressioni per inviarne e il 23% si è sentito obbligato a farlo. L’8% riferisce di aver subito minacce e il 26% ha visto contenuti intimi diffusi senza consenso. Inoltre, al 16% è stata chiesta la geolocalizzazione da parte del partner.
Preoccupante anche la scarsa conoscenza degli strumenti di aiuto: il 22% non saprebbe a chi rivolgersi in caso di violenza, il 36% non conosce i Centri Antiviolenza e solo lo 0,3% ha contattato un Cav o il numero 1522 dopo aver subito violenza.

