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TUTTO CHIEDE SALVEZZA torna su Netflix per ricordarci che, come insegnò Franco Basaglia, “Da vicino nessuno è normale”

“Da vicino nessuno è normale”: correvano gli anni ‘80, e l’ex Ospedale Psichiatrico di Trieste adottava questo slogan- estrapolato da un pezzo del cantautore brasiliano Caetano Veloso- destinato a diventare il manifesto degli eredi di Franco Basaglia, e della loro infaticabile battaglia per abbattere lo stigma che circonda la salute mentale. 

Oggi, le parole del dottor Mancino (tra i protagonisti della seconda stagione di “Tutto chiede salvezza”, nonchè interpretato dal bravo Filippo Nigro) non suonano, in questo senso, poi tanto diverse. “La differenza tra noi e loro, in un reparto psichiatrico, è soltanto una-” osserva lo psichiatra con sguardo serafico, rivolto ad un atterrito Daniele – “Il caso.”

La serie, basata sulla vicenda reale del poeta e scrittore Daniele Mencarelli, affetto da una grave forma di disagio psichico (“hanno parlato di depressione, di bipolarismo, di disturbo borderline”), porta in scena la lotta quotidiana di un giovane uomo per farsi largo in un mondo che lo considera come un “malato”, e per trasformare il dolore del quotidiano nella bellezza della poesia. 

In “Tutto chiede Salvezza” – che lo condusse, nel 2020, ad aggiudicarsi il Premio Strega Giovani -Daniele Mencarelli raccontò infatti la storia  del suo primo TSO, occorso nel 1994, decostruendo il confine invisibile tra follia e normalità; tra salute e malattia; tra le scomode verità portate a galla dalla psicosi e le ipocrisie della ragione predeterminata.

Oggi, l’approdo su Netflix della seconda stagione della serie omonima (previsto per il 26 settembre e liberamente ispirato alle sofferte vicende di Mencarelli) ci consente di riaccendere l’attenzione intorno ad una tematica di cui non si parla mai abbastanza.

La necessità di liberare da una condizione di cocente vergogna, di senso di colpa e di silenzio chi soffre di un disturbo mentale.

Qui, Daniele ci viene infatti mostrato mentre combatte con tenacia per rientrare “dentro la società”, tra il nuovo tirocinio infermieristico e le dolorose traversie legali, per mantenere l’affidamento condiviso della figlia neonata.

Obiettivi che, però, il travagliato protagonista non potrà raggiungere, se non alla condizione imprescindibile di accettare i propri demoni, e di imparare a convivere con essi senza lo spettro invariabile di una violenta auto-condanna.

Secondo una statistica del gennaio 2024 di Motore Sanità, le risorse che, ad oggi, risultano a disposizione dei servizi pubblici di salute mentale, in Italia, sarebbero a dir poco esigue se rapportate a quelle di altri paesi europei confrontabili, per livelli di sviluppo economico e di welfare, con il nostro. L’Italia investe infatti poco meno del 2,9% del fondo sanitario nazionale nella spesa destinata ai servizi per gli utenti con disturbi psichici e a i loro familiari, contro le cifre del 7% della spesa sanitaria pubblica della Francia e il 9% della Germania.

Anche i fondi a disposizione del cosiddetto “Bonus Psicologo” – di cui il governo, al 2025, starebbe ancora valutando un rifinanziamento – risulterebbero insufficienti: alla luce di ciò, nel 2024, soltanto il 5% delle domande ha potuto essere formalmente accolto.

I dati relativi alla percezione dei giovani complicano ulteriormente il quadro: secondo un’indagine risalente all’anno 2023 di Telefono Azzurro, il 21% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni di età si sente “in ansia”, con un conseguente aumento delle richieste di aiuto indirizzate alla linea di Ascolto.

Nel contesto di queste ultime, soltanto il 41% di loro avrebbe dichiarato di essere riuscito a sentirsi felice almeno una volta, nel corso delle precedenti due settimane.

Ma gli adolescenti che, alla luce di ciò, deciderebbero di chiedere l’aiuto di un professionista – secondo i dati – resterebbero comunque troppo pochi. Per un ragazzo su tre, infatti, rivolgersi ad uno psicologo continuerebbe a rappresentare una cocente “fonte di vergogna.”

Ma “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia – Scriveva Franco Basaglia, nel suo “Che cos’è la Psichiatria”, del 1967 -E invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere.

Ed allora, “Tutto chiede salvezza 2” potrebbe divenire, in tal senso, uno dei tanti strumenti in grado di dialogare fattivamente con i giovani, per invitarli a guardarsi dentro, ma con uno sguardo scevro di timori e di automortificazione. 

-Quello di Daniele è stato un ruolo che mi ha segnato profondamente, è stato uno spartiacque- Ha spiegato infatti lo stesso Federico Cesari, che veste il ruolo del protagonista – Per me c’è un prima e un dopo. Mi sono preparato moltissimo, con un lavoro su me stesso e anche sulla mia emotività. Spero che la serie abbia fatto comprendere a tutti che la malattia mentale è qualcosa che può essere trattato e curato”.

Se i numeri provvedono ad evidenziare, relativamente all’ultimo quadriennio, un aumento del disagio giovanile, esacerbato dallo stress dell’emergenza sanitaria, risulterà pertanto fondamentale guidare noi stessi ed i giovani nel difficile percorso che conduce all’accettazione della propria sofferenza, della vulnerabilità; e – se necessario-  ad un primo contatto con un professionista dedicato. 

“Io ti vedo. Tu provi a nasconderlo, ma ce l’hai dentro, la bestia. Tu  hai l’anima nera.”- Sono le parole di una magistrale Drusilla Foer, che – per la regia di Francesco Bruni- presta il volto, nella seconda stagione di Tutto chiede Salvezza, alla degente Matilde. 

Ed il nodo del problema, forse, risiede proprio qui: perchè in quell’oscurità, in realtà, non c’è nulla “da nascondere”; fare i conti con “la bestia” fa parte di noi, è funzionale, e rappresenta anzi la conditio sine qua non, a quel mostro, sarebbe consentito di riuscire a distruggerci.

E per te che stai leggendo, l’auspicio è che il messaggio risulti inequivocabile. Se ti riconosci in queste parole, se troppe volte hai cercato di agguantare quella bestia con la sola forza delle tue mani nude, non accettare mai più di nasconderti. 

Esci, anzi, allo scoperto:  alza la testa, con l’orgoglio che la tua battaglia quotidiana reclama. E non rinunciare a rivolgerti a chi, quella gorgone, con professionalità e con cura, può aiutarti a combatterla, giorno dopo giorno; restituendoti tutta la vita che credere di non meritarti sarebbe un errore davvero troppo grande. 

©Pic rights: Monica Chiappara/Netflix

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  • Rebecca Loffi

    Rebecca Loffi ha conseguito la laurea in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano nel 2016, specializzandosi in Comunicazione.  Attualmente, svolge attività di ufficio stampa per il terzo settore, con particolare riguardo alla fragilità. Da sempre vicina all'associazionismo e alla lotta attiva per i diritti civili, fa parte dell’Associazione Radicale Fabiano Antoniani, nata dalla difesa del fine vita.

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