Nella docuserie di Martin Scorsese per @Netflix il regista ascolta e se la ride a crepapelle mentre di fronte a lui Fran Lebowitz racconta la sua vita a New York in un tavolino appartato del Players Club.
Gli episodi sono centrati su diversi temi – dalla salute allo sport, dai soldi ai libri – sui quali Lebowitz ha opinioni ogni volta taglienti e poco ortodosse: ne emerge il ritratto di una donna anacronistica e fuori da ogni stereotipo, che non possiede un pc, un cellulare e che non ama andare a cinema o prendere voli di linea per non stare a contatto con altri esseri umani. Ci troviamo difronte a una donna libera che non vuole piacere a nessuno ma solo stare bene con se stessa, ed è una sensazione del tutto nuova di fronte ad anni in cui ogni singolo contenuto viene creato e condiviso unicamente per piacere al pubblico.
In Fran Lebowitz: una vita a New York seguiamo la scrittrice nei suoi luoghi preferiti della città da Time Square alla metropolitana vicino casa, dalle piccole librerie che stanno sparendo alle grandi biblioteche. Ascoltando la protagonista e osservandola viene un po’ da pensare a Woody Allen. Entrambi con un’innata capacità narrativa, un po’ di misantropia e un romantico sguardo disincantato del mondo.