le opinioni

Il patriarcato esiste e non si arresta

Il venticinque novembre è arrivato e di donne uccise perché donne se ne contano novantanove: una ogni tre giorni. Nonostante i dati dimostrino la diminuzione progressiva dei delitti complessivi, il numero dei femminicidi in Italia resta invariato.

A un anno dal femminicidio Cecchettin, le promesse del ministro Valditara sull’attuazione di politiche di contrasto non sono state rispettate, e fanno bene le femministe dei centri antiviolenza a manifestare in piazza pretendendo coerenza e finanziamenti.

Il presidente del Senato La Russa ha inaugurato per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne una panchina rossa contrassegnata da una bandiera italiana. La motivazione non è ben chiara: ufficialmente si tratterebbe di un riconoscimento nazionale (le donne sono italiane, il femminicidio avviene anche qui), ma al tempo stesso è difficile accettare ancora l’inaugurazione di simboli senza dialogare con le centinaia di femministe attive sul tutto il territorio nazionale per case rifugio e cav.

Una recente affermazione dello stesso Valditara durante l’inaugurazione dell’associazione Giulia Cecchettin ha fatto molto discutere. Secondo il ministro, il patriarcato, ovvero il sistema da cui hanno origine i fenomeni presenti all’interno della cultura dello stupro (molestie, sessismo, stupro, violenza economica e domestica fino al femminicidio) sarebbe finito con la promulgazione delle prime leggi per l’emancipazione femminile (voto, divorzio, diritto di famiglia). Valditara ha inoltre fatto un collegamento falso, sostenendo che la violenza di genere in italia sia stata condizionata dall’immigrazione incontrollata.

La polemica è nata dal fatto che una simile visione, distorta e diffusa mediaticamente, non corrisponde affatto alla realtà dei fatti e dei dati. E sottolinea inoltre una presa di posizione comune all’interno dell’omosocialità: il patriarcato non riguarderebbe gli uomini di oggi, il femminicidio sarebbe quindi il risultato di mele marce, casi emergenziali, e non invece un problema soprattutto maschile, perché a uccidere sono gli uomini. Parliamo del 93% secondo il Ministero degli Interni, rimarcato anche dall’attore Edoardo Leo durante un invito in televisione per un dibattito. Il femminicida è italiano, bianco e buon lavoratore, “bravo ragazzo” come era visto Filippo Turetta e ai loro tempi anche Angelo Izzo e compari di massacro.

Il patriarcato è una forma di oppressione che ancora condiziona le vite delle donne e delle persone trans*femme. Parliamo anche della transmisoginia contro le lavoratrici sessuali trans, ignorate dalla narrazione mediatica come se nel loro caso non si trattasse affatto di donne.
La realtà è che negli ultimi dodici mesi si è parlato parecchio senza fare nulla di concreto.

Il fatto che gli uomini parlino di violenza di genere solo il 25 novembre e l’8 marzo testimonia una scarsa consapevolezza della responsabilità maschile nel fenomeno.

È tempo di alzare la voce tutte, tutti e tutt* insieme; di riconoscere il sistema oppressore senza tentare inutilmente di discolparci come soggetti politici e di migliorare questa società.

Perchè non ci sia più un’altra Giulia Cecchettin uccisa.

LA PAROLA A VOI

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