le opinioni

La Principessa e il Drago

UNA DONNA AL QUIRINALE: ogni 7 anni la stessa storia.

Più che un’opzione reale, quella della donna al Quirinale sembra essere la solita carta usata dai partiti per non scoprirsi. Una barzelletta che ogni 7 anni torna a essere raccontata nei saloni degli amici intellettuali, con “un nome” che, se rimbalza, sarà destinato a consumarsi in fretta. Non dimentichiamoci poi che neppure Palazzo Chigi ha mai visto una presidente donna. Se l’Italia intera non fa alcuna fatica a immaginare per il paese magari una Merkel nostrana alla guida del Consiglio dei Ministri o come massima garante delle Repubblica, i partiti non sembrano ancora pronti. Anzi, appaiono piuttosto riluttanti.

L’unica che in Italia ci provò davvero, se non altro per portare al centro dell’agenda politica un tema mai affrontato fin ad allora, fu Emma Bonino nel 1999 con la Campagna Emma for President. “Finalmente l’uomo giusto” recitava il claim di una campagna riuscitissima, con il volto sorridente e furbetto di Bonino, che giustamente sapeva che trattavasi di provocazione, ma che andava fatta. Non esistendo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica in Italia, non pote’ che essere una campagna culturale, anche se, con giusta comunicazione e importanti investimenti, porto’ la lista Bonino di allora a prendere 8,5 % nelle elezioni europee di quello stesso anno. Insomma, quando si osa, con una buona strategia, le donne dei risultati li ottengono.

Ci provarono qualche anno fa le amiche di Pari O Dispare a ironizzare ancora sul tema quirinalizio e femminile. Pari o Dispare porto’ avanti nel lontano 2013 la singolare campagna che puntava ad avere una donna Presidente della Repubblica con i volti di Dandini, Cortellesi Degli Esposti, Sandrelli, Imappaciatore, nei panni di cardinalesse.

Lo slogan era azzeccatissimo e purtroppo sempre attuale: “Per una donna è più facile diventare Cardinale che salire al Quirinale?”.


La principessa e il drago

a cura di Flavia Fratello

Qualche tempo fa Laura Boldrini, allora presidente della Camera, inaugurò una mostra alquanto singolare nei corridoi di Montecitorio: una sequenza di specchi la cui didascalia sotto recitava – Presidente della Repubblica – Presidente del Consiglio – Presidente della Corte Costituzionale.

Rimirandosi dunque, si poteva pensare che fossimo noi quel Presidente del Consiglio, quel Presidente della Repubblica, quel Presidente della Corte Costituzionale.

La mostra -e questo è l’aspetto caratterizzante- era dedicata alle donne, perché erano loro a mancare in quella carrellata di volti. Vedercisi riflesse quindi era un atto di “empowerment”, un modo per dire “anche tu puoi farcela”, un incentivo.

Com’è noto nel frattempo Marta Cartabia ha conquistato il suo volto nelle specchio, ma ancora molti posti mancano all’appello. E fra poco più di tre mesi si eleggerà il Capo di Stato. O LA Capo di Stato.

Una donna al Quirinale: è ora o è la solita commedia?

Manca una donna? Si’, indubbiamente. Tuttavia, quando si dice che “una donna deve andare al Quirinale” si commette l’errore di trattare le donne come categoria unica. Insomma non importa chi sei, purchè tu abbia un utero. O forse ormai nemmeno quello visto che ci si può anche percepire donne (e uomini ovviamente, ma non divaghiamo) .

Comunque, manca una donna al Quirinale, ma questa donna non dovrebbe avere almeno un nome e cognome, essere trattata insomma alla stregua di un qualsiasi altro candidato uomo? Se non diciamo “ci vorrebbe un uomo al Quirinale”, ma discutiamo su chi sia più adatto fra Mario Draghi, Silvio Berlusconi, Pierferdinando Casini e via andare, non dovremmo fare altrettanto con le donne?

Meglio Rosy Bindi o Marta Cartabia? Elisabetta Casellati o Liliana Segre? Paola Severino o Elisabetta Belloni? E se al Quirinale dovesse essere eletta una donna che non ci piace, quell’elezione, avrebbe lo stesso valore di vetta conquistata, cima finalmente violata, oppure no?

Perché se –una donna al Quirinale- deve incarnare il pieno valore di una bramata, giusta e ottenuta uguaglianza, non dovrebbe poi importare molto di quale parte politica sia, quale sia il suo curriculum. Basta che sia una donna.

Ma allo stesso tempo – una donna e basta- è chiaramente riduttivo, a meno che -appunto- il valore simbolico non faccia premio su quello politico.

Insomma la contraddizione è evidente ed è forse ciò che spiega insieme alla presenza nell’agone di Mario Draghi (figura ingombrantissima, suo malgrado) perché il dibattito su questo aspetto stenti per l’ennesima volta a decollare.

Un sogno impossibile

Impegnati come siamo a stabilire se sia più o meno opportuno per il bene del Paese che Draghi continui ad avere voce in capitolo nei mesi futuri, al punto che vi è persino chi ipotizza torsioni costituzionali -più o meno esplicitate- pur di farlo intervenire direttamente sui dossier, ecco, proprio mentre discutiamo se sia meglio Draghi ancora a Palazzo Chigi per un anno e mezzo o al Quirinale per sette, la questione femminile trascolora.

Ovviamente c’entra anche il fatto che com’è noto al Quirinale non ci si candida ma si viene portati, anche per quella idiosincrasia tutta italiana verso le persone ambiziose. Del resto viene ritenuto peccato mortale far presente che si gradirebbe ricoprire quel ruolo, cosi’ come pure altri, per la verita’.

E dunque una donna che aspirasse al colle più alto non potrebbe – se seguisse la sintassi quirinalizia – far emergere la sua intenzione, né utilizzare l’elemento identitario femminile ad adiuvandum, a meno di non ammantarlo dietro un generico “serve una donna”, che ci riporterebbe al punto di partenza. O forse a un vicolo cieco.

La soluzione dunque, se si seguisse il percorso finora battuto, non potrebbe che essere politica. Tutte le deputate, le senatrici, le presidenti di regione, insomma tutto il circolo delle grandi elettrici al femminile, dovrebbe trovarsi d’accordo su un nome e poi cercare di imporlo con la forza dei numeri. Altrimenti l’aspirazione al Colle resterebbe velleitaria finendo come le ultime ministre del PD , sempre annunciate e mai nominate.

Ciò che è stato valido fino ad ora, potrebbe anche non esserlo più, se i giocatori in campo cambiassero. In fondo una figura decisamente anomala nel panorama politico, nonostante la lunga permanenza ai vertici ,come Silvio Berlusconi, non solo non ha mai fatto mistero del suo desiderio di salire al Colle, ma ha anche fatto chiaramente capire che sarebbe disposto a farsi da parte dopo un paio d’anni (sottinteso per lasciare il posto a Draghi).

Cosa che però nessuna donna dovrebbe essere disposta a promettere, perché se è vero che la sua elezione avrebbe anche e soprattutto un valore simbolico, altrettanto vero sarebbe che quel simbolo sfiorirebbe se fosse a termine (non ce la può fare, non è in grado di reggere, quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare, spostati ragazzina lasciaci lavorare)

Servono tattiche nuove

E dunque dov’è scritto che per giocare il grande gioco Quirinale le donne debbano adeguarsi? Certo è un azzardo perché a quel punto non solo dovrebbero coalizzarsi, ma dovrebbero persino esplicitarlo. Esiste questa volonta’ e questa forza, in circolazione?

Ma perso per perso, cosa vieta di provare nuove tattiche?

Prendiamolo come un allenamento, senza farci alcuna illusione, non solo visti i pregressi, ma anche dichiarazioni non certo arrivate per caso come quella di Luigi Zanda, ex capogruppo PDF al senato: allo stato attuale la questione di genere “non rilevava”, confidava a La Stampa. Dunque meglio non farci di conto.

Tuttavia, in questo miraggio del Quirinale, forse potrebbe celarsi una sorpresa o meglio un altro obiettivo perso di vista: Palazzo Chigi. Perché anche li una donna non è mai arrivata, al comando, s’ intende. E se fra i giochi ad incastro – Draghi al Quirinale, Cartabia a Palazzo Chigi- uscisse fuori il Jolly?

Che ne dite? Far credere che si punta al Colle più alto per occupare il posto di comando? Quello vero? Mica male.

Il dado è tratto. Le vostre idee, le vostre donne, i vostri intrighi per Quirinale e Palazzo Chigi.

Il tema, va detto, ha scaldato gli animi e vi ha fatto esprimere con grande arguzia e chiarezza.

Due elementi interessanti scaturiti dal dibattito generale, emerso su chat Le Contemporanee, sui commenti nel sito, sui nostri social network e sulle email ricevute.

Sul tema delle candidature femminile a Capo di Stato si sono espressi più frequentemente gli uomini. E con il nome di una candidata o più, credibili. Questo è un dato sicuramente interessante e da leggere con attenzione. Le donne si spingono in analisi complesse e acute, ma tendono a fare nomi con maggiore difficoltà. Mancanza di idee? Paura di esporsi? Consapevolezza che tanto non vi è speranza?

Lo terremo per una ulteriore analisi. Quel che è certo è che il mediacivico racconta bene uno spaccato di femminismo e di una società che prova a esprimersi con maggiore accuratezza.

Questo è il secondo elemento. La qualità e l’ampiezza media dei vostri commenti. Non una battuta, un nome, ma dei ragionamenti pieni di spunti.

Segno che la politica, nonostante tutto, insieme alla “questione femminile” appassiona ancora. E ci fa arrabbiare.

“Bisogna insistere e chiedere conto ai segretari di partito e capogruppo a camera e senato. Del resto sono loro che votano e danno indicazioni, non e’ che si possa fare finta che sia un Presidente eletto dal popolo. Non siamo la Francia.
Rendere un po’ piu’ trasparente questo processo non sarebbe male. Non so quale sia lo strumento, ma certo non puo’ essere nemmeno l’equivalente di un conclave vaticano.” Cosi’ ci scrive Luca Liberti.

E che dire del commento di Anna Martini, che va dritta al punto e che chiede ai partiti un impegno concreto?

“Penso che occorra rompere gli indugi. Ma soprattutto che partiti come il PD ma anche Forza Italia, diversi, ma meno populisti, facciano una proposta credibile e da non bruciare come neve al sole. Una donna brava, piu’ donne brave esistono.
Ricordo che quasi nessuno degli ultimi due presidenti della Repubblica erano nomi nazional popolari. Spesso si trovano nomi di compromesso, anche per gli uomini, alto standing, ma non front-man.” E la Signora Martini aggiunge un punto non di poco conto, in effetti.
Se fosse Draghi il designato “sarebbe anche questa stessa una rottura di una liturgia. E allora se Draghi andasse al Quirinale, magari la liturgia maschile potrebbe rompersi anche a Chigi. Pensateci. Sara’ comunque un momento di rottura rispetto al passato questa elezione del Capo dello Stato. “

A chi eventualmente Draghi cedera’ il proprio posto? Si apre la partita Palazzo Chigi, Presidenza del Consiglio. Molti di voi non hanno dubbi “Marta Cartabia”.

Anche se c’e’ chi, come Nino Caianiello, la vedrebbe meglio come Capo di Stato.

“Credo che la Cartabia abbia tutte le caratteristiche per assurgere al Quirinale, lasciamo Draghi alla guida del Paese, altrimenti perderemmo l’occasione unica di realizzare le opere previste dal PNRR. Non vi sono, ahimè, figure che possano emergere o coagulare le miserie politiche di oggi legate agli opportunismi sondaggistici quotidiani. Nel 2023 ne vedremo delle belle in attesa della nuova ed obbligatoria (taglio parlamentari) legge elettorale. Forza Cartabia e W Draghi”. 

Sono in molte e molti ad apprezzare l’analisi della giornalista e contemporanea Flavia Fratello, raccogliendo volentieri l’invito a fare nomi, anche se spesso politicamente non proprio “simili”.

Patrizia Alessi, ad esempio. “L’analisi della Fratello è perfetta, ci devono e ci dobbiamo tutte “mettere la faccia”. Io vedrei bene la Bindi, mi piacerebbe anche la Bonino.
Sarebbe molto importante far sentire la nostra voce con proposte serie, dobbiamo cominciare a coalizzarci a fare squadra. Dobbiamo essere unite”.

Fa eco anche Luca Rado, che ricorda:

“Occorre prendersi la responsabilita’ di fare nomi e cognomi. Anche io come molte hanno indicatato vedrei bene Cartabia, Bonino, cosi’ come Finocchiaro, ad esempio. O ancora Belloni. Hanno lo standing, il carattere e anche in alcuni casi il carisma e l’eleganza del ruolo.”

Siete in diverse a ricordare la campagna di una certa efficacia di Emma Bonino nel lontano ’99.
“Una campagna provocatoria, come fece Bonino anni fa. Puo’ avere un senso, specie in un momento in cui la politica sembra seguire tutto un proprio dialogo interno e introvertito, completamente staccato dal sentimento comune. Serve un po’ di rock and roll. Con prudenza e serieta’, visto il momento, la pandemia, necessita’ di stabilita’, ma non guasterebbe.”

Bonino e Cartabia -quindi- tra le piu’ gradite.

Carla torna ancora su Emma Bonino:

“ Nel 1999 lo slogan della campagna della Bonino era “Emma for President. Finalmente l’uomo giusto! “ per accentuare che non era un problema di genere, non perché donna, ma perché idonea e capace, poi elessero Ciampi.
Tra tutti i nomi resta la più preparata, dicono che è troppo in là con l’età, ma ha la stessa di Mattarella quando fu eletto”.

Ma vengono fuori anche altri nomi, come quelli fatti da Angela Capozzoli: “Vorrei una Presidente donna, abbastanza giovane, capace e seria, tipo Gruber, Gabanelli, Annunziata, ma anche Carfagna”.

C’e’ tra i commenti chi scrive direttamente all’autrice, come Piero Indrizzi.

“ Cara Flavia, ti seguo su twitter come Lisbeth Salander, in realtà sono un vecchio signore di 84 anni, in merito alla elezione di una donna al Quirinale mi trovi assolutamente favorevole. Ed avrei anche un nome di spessore e di sicura indipendenza: è giudice della Corte Costituzionale e si chiama Silvana Sciarra. Non sarà certamente presa in considerazione nell’infernale carosello degli aspiranti al ruolo, tra l’altro egemonizzato da Draghi. Ma nell’illusione di avere come Presidente una persona veramente doc, ed io in via mia ne ho conosciute tante di persone, ma doc pochissime (meno delle dita di una mano), Silvana sarebbe veramente eccezionale. “

C’è chi fa notare, come Andrea Merlo e come Simona Mulè, che perfino la Chiesa si è espressa a favore di una candidatura femminile al Quirinale. E pare tra le righe un endorsement verso Marta Cartabia. Del resto gli “spunti” del Cardinale Parolin non sono mai casuali.

Dalle nostre chat viene anche fuori uno scenario fantasioso, ma forse neanche troppo.

Se poi Draghi davvero andasse al Quirinale, ci sarebbe un bel posto libero, molto piu’ politico, da occupare. Se fosse, come dice Fratello, un promoveatur ut amoveatur, forse ci sarebbe spazio per una donna tosta a Palazzo Chigi. L’ipotesi non vi dispiace. Anche perchè il potere vero, in una Italia repubblicana ma non semipresidenzialista, e’ nella Presidenza del Consiglio dei ministri, non tra i corazzieri.

LA PAROLA A VOI

16 Responses

  1. Ottima analisi la condivido pienamente. Bisogna avere il coraggio e la determinazione di proporre una donna. Io scelgo Rosy Bindi.

  2. Credo non sia tempo di fare solo rumore, tanto rumore per nulla, e di provocare una discussione pubblica per ‘stanare’ intelligenze e profili, di uomini come di donne, che finalmente siano riconosciuti e riconoscibili sul piano del valore prodotto attraverso il loro agire sociale e istituzionale, a testimoniare uno spirito fuori dalle logiche delle appartenenze e una forte etica della differenza, del pensiero come forma mobile e sistema aperto che possa incarnarsi nelle Istituzioni, farle vivere, riportarle alle loro funzioni come ‘corpo’ dello Stato. In questo senso, sento si possa rendere credibile per la Presidenza della Repubblica una candidatura al femminile che finalmente riporti la questione nel più ampio orizzonte delle pari opportunità.

  3. Bisogna insistere e chiedere conto ai segretari di partito e capogruppo a camera e senato. Del resto sono loro che votano e danno indicazioni, non e’ che si possa fare finta che sia un Presidente eletto dal popolo. Non siamo la Francia.
    Rendere un po’ piu’ trasparente questo processo non sarebbe male. Non so quale sia lo strumento, ma certo non puo’ essere nemmeno l’equivalente di un conclave vaticano.

  4. Penso che occorra rompere gli indugi. Ma soprattutto che partiti come il PD ma anche Forza Italia, diversi, ma meno populisti, facciano una proposta credibile e da non bruciare come neve al sole. Una donna brava, piu’ donne brave esistono.
    Ricordo che quasi nessuno degli ultimi due presidenti della Repubblica erano nomi nazional popolari. Spesso si trovano nomi di compromesso, anche per gli uomini, alto standing, ma non front man.
    Se ci fosse Draghi in qualche modo sarebbe anche questa stessa una rottura di una liturgia. E allora se Draghi andasse al Quirinale, magari la liturgia maschile potrebbe rompersi anche a Chigi.
    Pensateci. Sara’ comunque un momento di rottura rispetto al passato questa elezione del Capo dello Stato. Quanto dipende non solo da dove vorra’ andare Draghi ma a chi eventualmente cedera’ il proprio posto. E io non penso che sia fuori discussione che possa essere Marta Cartabia.

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  • Flavia Fratello

    Giornalista, capo servizio de La7. Segue il tg e gli approfondimenti giornalistici della rete e conduce il Tg del mattino (7.30) e la rassegna stampa (7.00). Cura per Radio Radicale la prestigiosa rassegna “Stampa e Regime”. Ha condotto su Videomusic il telegiornale e ha realizzato una trasmissione sulla scuola, ha lavorato anche per Telemontecarlo.

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