Crisi del paradigma maschile 

Si è consapevoli che nascere donna nella società contemporanea risulta tutt’ora un continuo combattere per dimostrare la parità intellettuale, sessuale e di genere, per avere e mantenere gli stessi diritti, doveri e libertà. Mentre, nascere e crescere uomo, nella società odierna, cosa comporta? 

Privilegio maschile: «norma» o ostacolo? 

La società è un costrutto antico creato da uomini per uomini ed è sempre più invadente nella vita degli stessi. È quel locus amoenus in cui viene plasmata la differenza di genere con degli ideali maschili e femminili a cui aspirare. Questo accade perché un soggetto, per poter sopravvivere, sente di dover essere riconosciuto socialmente, tale riconoscimento porta all’affermazione dell’esistenza di un individuo che deve necessariamente rientrare nel dualismo dell’eterosessualità. Il mancato riconoscimento è considerato anormale e tutto ciò che vi è al di fuori della «norma» rappresenta un ostacolo, identificazione illecita. 

Le teorie sessuali e di genere vengono modellate e diffuse per poter rappresentare quella che viene definita «maschilità egemone». Quest’ultima delinea un insieme di rituali ripetuti nel tempo per promuovere un modello performante, ovvero gli esseri umani che, dalla nascita riconosciuti sessualmente in quanto donne/uomini, performano il loro genere. Non si tratta di costrutti innovativi, ma di fattori storici che designano la figura eroica dell’uomo forte ed il suo opposto, una figura femminile che necessita protezione e controllo. Tuttavia, i nuovi modelli comportamentali femminili spingono l’uomo alla continua ricerca di miglioramento delle performance per rapportarsi con l’altro sesso.

L’uomo si ritrova alle prese con una maschilità da dover riconfermare per essere considerato virile e conforme al modello della tradizione fondato sui tre punti cardine: proteggere, provvedere, procreare e seguire alla lettera la regola principale non chiedere mai, chiedere significa avere bisogno e tale bisogno può stravolgere questa scala di valori, può far precipitare l’autostima maschile. 

Con la diffusione di molteplici studi sulla psicologia e anatomia, tra cui quello freudiano, l’eterosessualità viene confermata come l’unico esito normale e sviluppo completo del maschile e del femminile – diversamente dall’omosessualità vista come uno sviluppo incompleto. Così, l’atto sessuale in quanto attivo e necessario per la procreazione, diventa uno dei terreni fertili per la conferma dell’identità maschile e del suo potere. Sin dall’infanzia l’uomo viene educato a dover indossare la maschera della mascolinità per non essere paragonato ad una femminuccia dal ruolo passivo ed inferiore.

Si espande la paura di ciò che viene considerato femminile e/o non compatibile con il maschile, tra cui la presenza e marginalizzazione delle maschilità non egemoniche come gli omosessuali – soggetti che mettono in pericolo la norma egemone maschile – una minaccia vista quasi come una castrazione. La paura stimola il desiderio del branco e porta al compimento di azioni necessarie per non rientrare nei gruppi inferiori. I riti di passaggio per diventare uomini, dunque “superiori”, sono molteplici e rappresentano la trasgressione delle norme socialmente definite e la complicità con gli altri uomini. 

Il fardello della mascolinità 

Secondo Raewyn Connell, gli uomini ricavano un dividendo dal patriarcato in termini di onore, prestigio e diritto al comando, ma ricavano anche un dividendo materiale che si esprime nella diseguaglianza di risorse materiali tra i generi che si ritrova in tutti gli ambiti sociali. Ma tale profitto crea effettivamente un paradiso per il genere maschile o si tratta, oramai, del paradiso che scricchiola? 

A partire da questo interrogativo, si può parlare della possibile decostruzione del concetto di machismo al fine di una presa di coscienza sociale dell’invalidità di tale stereotipo. Ma tale decostruzione diventa un arduo compito da portare avanti poiché stimola la nascita dei vari movimenti maschili a favore degli ideali della mascolinità e, nei casi estremi, al patriottismo misogino volto a recuperare il mito dell’uomo forte e della donna debole. La virilità è una nozione principalmente relazionale costruita, inizialmente, sulla differenza tra maschilità egemone e quella subalterna e contro la femminilità, sfociando nella diffusione della maschilità al plurale e senza gerarchia che porta alla nascita un’esasperata espressione della virilità derivante dalla paura di perdere l’unica conoscenza degli ideali maschili trasmessi dal passato oppure alla diffusione di una visione sessista dei rapporti di genere

La pluralizzazione senza gerarchia può avvicinare uomini e donne verso un concetto di relazioni più paritarie, ma può indurre a un ritorno difensivo verso la rinaturalizzazione delle differenze. È necessario che l’uomo prenda coscienza dei limiti del modello imposto che lascia in eredità solo l’immagine dell’eroe, una maschera che sopprimere la psiche maschile. La società insegna agli uomini l’importanza di controllare l’emotività e di limitarla. Ciò può sfociare in comportamenti insalubri con effetti distruttivi, tra cui morte precoce ed il suicidio.

Nelle difficoltà esistenziali – fisiche o psichiche – gli uomini godono mediamente di minor sostegno sociale rispetto alle donne a causa di molteplici fattori, tra cui quello della paura di chiedere aiuto in caso di bisogno o non ne parlano per paura del giudizio. Gli uomini risultano socialmente più isolati poiché sviluppano poche o meno strette amicizie, mentre coloro che restano fedeli all’ideologia virile, preferiscono relazioni di cameratismo anziché di amicizia. 

Gli uomini sono prigionieri e vittime della loro stessa rappresentazione dominante ed il privilegio maschile trova la sua contropartita nella tensione che ogni uomo sperimenta per affermare quotidianamente la maschilità. L’ideale maschile è prima di tutto un carico che può diventare il principio di un’immensa vulnerabilità poiché si diventa maschi rinunciando a molte cose, e questo fa sì che l’identità maschile sia di una parzialità disarmante e pericolosa. 


Photo by Simone Pellegrini on Unsplash

TAGS

CONTRIBUTOR

  • Marta Nykytchuk, Laureanda alla Magistrale in Scienze Linguistiche, Letterarie e della Traduzione. Appassionata di studi di genere e poliglotta, per nascita e per passione, si occupa di ricerca sul linguaggio fra scrittura, poesia e critica letteraria.

    Visualizza tutti gli articoli

COMMENTI

4 Responses

  1. Un punto di vista diverso dal solito in cui si esplicita la naturale vulnerabilità di ogni essere umano davanti agli stereotipi culturali dominanti. Molto interessante!

  2. Veramente un bel articolo scritto bene, su un tema che ci tocca tutti, spiegato alla perfezione!
    Complimenti Marta!

  3. Interessante, scorrevole e facile da leggere. Sicuramente un ottimo spunto per una bella discussione! Brava Marta!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di LeContemporanee.it per rimanere sempre aggiornato sul nostro Media Civico