“La diversità e la responsabilità individuale sono i soli antidoti al razzismo”. Obiettivo 5 -Telmo Pievani.

Se guardassimo la natura dal punto di vista degli animali, faremmo scoperte meravigliose. 
Così, Telmo Pievani – filosofo della scienza e docente all’Università di Padova – parla a una platea attentissima e composita: l’occasione è Obiettivo 5, il campus di formazione per l’equità e l’inclusione organizzato da Le Contemporanee con il Corriere della Sera e La Sapienza.

Lo sapevate, per esempio, che i polpi sono di “un’intelligenza letteralmente aliena, che fanno cose strepitose e che è come se avessero un cervello distribuito su tutto il corpo?”. 

Pievani ha l’abilità di far capire cose difficilissime, permettendoti letteralmente di “vederle”.

“Immaginatevi cosa vorrebbe dire, per noi umani, avere un cervello distribuito sulle braccia, sulle gambe, e di pensare con tutto il corpo: quanto sarebbe importante per apprezzare la diversità dell’intelligenza nel mondo!”. 

E invece, oggi, “tantissimi dati ci dicono che qualcosa si è rotto e che noi, da soli, abbiamo fatto fuori più di un terzo di tutte le altre forme di vita” su questo pianeta: questa realtà oltre a essere inaccettabile, è anche controproducente, perché “da quella biodiversità dipende la nostra vita e la nostra salute”. 

Nel dibattito pubblico, il richiamo alla natura, alla biologia e all’evoluzione è sempre stato una strategia di grande successo: una visione che pretende di classificare un comportamento presunto “naturale” come buono e dunque ineluttabile. Un uso ideologico del concetto di “naturalità” che è smontato dagli studiosi di evoluzione come Pievani. E infatti il filosofo riesce bene nell’impresa raccontando, per esempio, come la cultura (e non il contrario) agisca sulla biologia.

“Abbiamo avuto”, dice, “una tumultuosa evoluzione culturale: la cultura è diventata così importante che a cambiarci è prima la cultura e poi la biologia, il che sembra strano perché sembrerebbe il mondo alla rovescia”. 

Pievani è molto efficace negli esempi che sceglie per farsi comprendere: i neuroscienziati, spiega, hanno osservato quello che succede nel nostro cervello quando vediamo il volto di una persona diversa da noi, per esempio un bianco, un afroamericano o viceversa.

E quello che succede è che “scoppia una sorta di conflitto” tra le parti del cervello più antiche e quelle più moderne e in questo conflitto abbiamo la dimostrazione che la cultura sia diventata più importante della nostra “reazione istintuale e naturale”. Da questa evidenza, si traggono due notizie: una buona e una cattiva. La buona: “Se a un bianco fai vedere un afroamericano, che però è un famoso giocatore di basket, l’amigdala non scatta”, non abbiamo paura di lui perché lo riconosciamo. La cattiva: “Se, invece, io mi ritrovo immerso in una cultura che vede sistematicamente il diverso come un nemico, la paura della diversità può attecchire su parti molto profonde del nostro cervello e avere successo”. 

Questo ragionamento ci dice moltissimo del razzismo e dell’infondatezza di tutti i ragionamenti basati su un concetto di “natura” ideologico e forzato. Ma anche del ruolo positivo che possono giocare la cultura e l’educazione, condizionando positivamente la paura e l’istinto. Esattamente come il razzismo, il patriarcato, come tutte le strutture culturali, ha imprigionato i comportamenti umani e li ha cristallizzati per tanto tempo.

A questo proposito, “esiste una diversità sessuale che è una ricchezza e che chiaramente non deve mai essere usata, ovvio, come etichettatura”. 
Le differenze biologiche “non sono scritte sulla pietra” una volta per tutte e anche “le differenze fisiche” si sono assottigliate sempre di più. Poi ci sono quelle “culturali” che noi chiamiamo “genere” e che, invece, sono molto più sfumate: “ognuno di noi”, chiosa Pievani, “è fatto di tante diversità diverse”
Siamo – rinforza Pievani – “un fascio di diversità molteplici” che si intrecciano tra loro: la diversità sessuale è tra queste, ma insieme a tutte le altre. E il nostro comportamento, sottolinea il filosofo, è “figlio della storia di ciascuno”, uomo o donna che sia, di certi genitori, di una certa famiglia, di una determinata cultura. E – sopra tutto – ciascuno è “responsabile individualmente” delle proprie azioni. Che non ha compiuto in quanto “maschio o femmina”, oppure perché “la natura lo ha fatto così” o perché “i maschi sono fatti così”.

Pensiamo alle volte in cui la natura è usata in chiave normativa nel dibattito pubblico, “come se la natura fosse (solo) buona”: la natura è spesso considerata come quella dimensione in cui va cercato “ciò che è giusto”. E come sanno i filosofi, questo è “un errore madornale” che continuiamo a commettere perché piace molto alla nostra mente. 
Tant’è che il dibattito pubblico è pieno di “natura buona, famiglie naturali, comportamenti contro natura”.

Ma “chi studia la natura, si rende conto, al contrario” – sottolinea Pievani – che “la natura è amorale”, anzi, molto spesso è addirittura “immorale” rispetto ai valori che una comunità – in un dato periodo storico – si è data.

Non solo. “La natura è piena di imperfezioni ed è bene così, perché, come diceva Darwin, se tu guardi una struttura perfetta è già successo tutto: non ci trovi l’evoluzione, noi siamo proprio un’enciclopedia di imperfezioni. Questo è il modo in cui funziona l’evoluzione, in cui siamo fatti noi”. 

Un altro refrain ricorre quando si dice “questo comportamento sessuale è contro natura”, ad esempio “l’omosessualità è contro natura”. 
Quante volte avete sentito la diagnosi, “è contro le leggi di natura?”, chiede alla platea Pievani. E si risponde da solo, proprio tornando alla natura che lui – a differenza di altri – studia da anni: “Va bene, accettiamo per paradosso questo argomento e andiamo a vedere che in natura l’omosessualità è diffusa in più di 250 specie: persino nei bisonti! In tantissime specie, anche di mammiferi a noi ancora più vicini, l’omosessualità è un comportamento stabile, non occasionale, e quest’osservazione, per noi evoluzionisti, significa soltanto una cosa: che ha avuto una ragione evolutiva e, sebbene non rispetti l’imperativo darwiniano di riprodursi, evidentemente, ha dato dei vantaggi di tipo sociale, di difesa del gruppo, della parentela, la famiglia”. 

Ecco, se dovessi scegliere una “legge di natura”, scandisce il filosofo, “io sceglierei un principio molto importante dell’evoluzione” che è questo: “Più riduci la diversità, più l’evoluzione rallenta”. La diversità è il motore del cambiamento soltanto che dobbiamo capire bene quale diversità. 

Noi, spesso, pensiamo alla “diversità delle specie” e sbagliamo, perché in realtà “l’unica diversità che conti” in biologia, nell’evoluzione, è la “diversità individuale”, la diversità del singolo individuo che è un “unicum assoluto”. 

E la diversità è “un’assicurazione sulla vita, un’assicurazione sul futuro”. 
Anche in questo caso, Pievani parla di biologia e non fa speculazioni teoriche. 

“Il sesso è molto costoso: è un comportamento innaturale, estremamente rischioso che richiede un investimento di tempo e di risorse fortissimo”, dice. E spiega: “In natura, esistono tante specie (per esempio, molti pesci come la rana pescatrice che si può riprodurre per partenogenesi) che hanno entrambe le soluzioni – con sesso e senza sesso – così, quando la vita va bene e ci sono tante risorse, non c’è il sesso, ma quando la situazione diventa complicata, c’è un momento di crisi e le risorse scarseggiano, ci sono attacchi di patogeni, virus e batteri, queste specie scelgono il sesso”. Perché il sesso, è vero che è costoso, ma “ti dà un vantaggio collaterale straordinario che è quello di generare diversità: “Se tu sei attaccato, per esempio, da una malattia, da un agente patogeno e la malattia colpisce uno dei tuoi figli che sono uguali a te, li uccide tutti. Se invece tu fai figli tutti diversi tra di loro, ci sono molte più probabilità che qualcuno di loro sia resistente alla malattia”.

In questo modo, a ogni generazione, immetti nelle popolazioni biologiche un’enorme quantità di ricombinazione di diversità: quindi, “il sesso è sostanzialmente un vaccino, un antidoto per resistere agli attacchi di virus e batteri”. 
Un “generatore a livello industriale di diversità”.

E questa è la cosa importante che Darwin ci ha insegnato, per Telmo Pievani: ogni singolo individuo biologico, “tra i miliardi di esseri umani, tra i miliardi di miliardi di organismi che vivono sulla terra” è un esperimento unico di sé, della sua specie, unico perché “geneticamente unico”, perché portatore di differenze che ha soltanto lui. 
Questo è il patrimonio più importante dell’evoluzione e l’unico presidio efficace di inclusione, veramente equo.

TAGS

CONTRIBUTOR

  • Ilaria Donatio ha scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica ed è tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati. Si occupa dei temi legati all’equità di genere con EquALL e lavora a +Europa.

    Visualizza tutti gli articoli

COMMENTI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di LeContemporanee.it per rimanere sempre aggiornato sul nostro Media Civico