Manca sempre meno alle elezioni di medio termine negli Stati Uniti, la tornata elettorale prevista per l’8 novembre con cui si rinnoveranno tutti i seggi della Camera dei Rappresentanti, 34 seggi del Senato e con cui si terrà la contestuale elezione di 38 governatori su 50.
Tra gli argomenti che più hanno movimentato i primi mesi di campagna elettorale emerge il tema del diritto all’aborto, una questione che ha animato i dibattiti politici americani dallo scorso maggio, quando era stata fatta trapelare la bozza di sentenza con cui poi, il 24 giugno, la Corte Suprema Americana avrebbe effettivamente rovesciato 50 anni di giurisprudenza sull’aborto come diritto costituzionalmente garantito.
Con la sentenza sul caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, infatti, la Corte Suprema ha fatto ricorso allo strumento dell’overruling, meccanismo con cui la Corte torna sui suoi passi e rovescia una sentenza precedente, rinnegando con essa tutta la giurisprudenza che vi era derivata. Ad essere stata rovesciata è la sentenza del 1973 Roe v. Wade, la storica decisione con cui la Corte aveva legalizzato l’aborto a livello federale fondandolo principalmente nel 14esimo emendamento alla Costituzione Americana.
La restituzione di totale discrezionalità agli stati sul garantire o meno un libero accesso all’aborto si inserisce comodamente nel quadro di un eterno conflitto tra il governo centrale e quelli statali eche definisce la natura degli Stati Uniti d’America dagli anni di Alexander Hamilton e Thomas Jefferson.
Sul tema i democratici risultano più agguerriti che mai, con a capofila il Presidente Joe Biden che ha indicato a più riprese quale sia la strada da percorrere: la codificazione del diritto all’aborto da parte del Congresso americano così da restituirgli la sua natura di diritto federale. Biden aveva già firmato nei mesi passati un ordine esecutivo presidenziale dando mandato al Dipartimento della Salute di proteggere ed espandere l’accesso all’aborto farmacologico – non è, però, dalla Casa Bianca che può arrivare il passo più importante di tutti, ma dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato.
Il tema del diritto all’aborto nelle ultime settimane ha, però, perso risonanza tra gli elettori, come dimostrato da un sondaggio a cura del New York Times/Siena: l’economia è diventata il vero ago della bilancia e le donne – protagoniste del dibattito sul diritto all’aborto – tendono a indentificarsi come elettori indipendenti e a oscillare a favore dei repubblicani.
Il Presidente Biden ha così deciso di riportare lo scontro tra democratici e repubblicani sul terreno del diritto all’aborto, presentando le elezioni di medio termine come una scelta tra i repubblicani che lavorano per un divieto nazionale dell’aborto e i democratici che vogliono proteggere la libertà riproduttiva.
I funzionari dell’amministrazione Biden stimano che quasi 30 milioni di donne in età riproduttiva vivono in uno Stato in cui vige un divieto di aborto e che circa 22 milioni di donne non possono accedere alle cure per l’interruzione di gravidanza dopo sei settimane di gestazione.
Per concretizzare la promessa di Biden di codificare il diritto all’aborto i democratici non solo dovrebbero mantenere il controllo della Camera, ma anche ampliare la loro maggioranza al Senato. Una vera sfida, quasi impossibile guardando i sondaggi che mostrano un Grand Old Party come favorito sia alla Camera che al Senato.
Ad allontanare sempre di più i democratici dal tanto auspicato risultato anche la decisione dei sauditi, i giganti mondiali del petrolio, di ridurre la produzione dell’oro nero: una scelta presa dall’Arabia Saudita che potrebbe influenzare radicalmente il prezzo della benzina e avere conseguenze irreparabili per i democratici e la Casa Bianca.
Il cartello energetico OPEC Plus ha deciso, infatti, di pompare due milioni di barili in meno al giorno, tre mesi dopo l’incontro tra il principe ereditario saudita e il Presidente Biden. Una decisione che difficilmente sarebbe potuta arrivare in un momento politicamente peggiore per la Casa Bianca, che molto aveva puntato, in vista delle elezioni di medio termine, sul calo dei prezzi del gas.
Nonostante le argomentazioni fornite dai Sauditi per dimostrare che il taglio della produzione non fosse da intendersi come un attacco all’amministrazione Biden (ma più come una mossa per tutelare il bilancio estremamente dipendente dall’energia), i funzionari dell’amministrazione Biden si stanno preparando alla crisi che gli Stati Uniti potrebbero dover fronteggiare entro dicembre, quando entrerà in vigore un tetto ai prezzi per limitare i profitti petroliferi russi e contestualmente anche il divieto dell’Unione Europea di acquistare il greggio russo.
Gli analisti sembrano concordare sugli effetti che la decisione dell’Arabia Saudita avrà sulle elezioni di medio termine: i democratici verranno sempre più allontanati dal risultato desiderato, aprendo la strada ad un Congresso repubblicano. Uno scenario che inesorabilmente rende l’idea di un diritto all’aborto codificato in legge con valenza federale in un sogno difficile da trasformare in realtà per i prossimi anni.