Istantanea

Vogliamo Michela Murgia ancora per parecchio tempo!

Michela Murgia non ha bisogno di presentazioni. La sua intervista al giornalista Aldo Cazzullo per il Corriere, pubblicata il 6 maggio, ha profondamente scosso le coscienze di chiunque abbia avuto anche solo a che fare con la patologia di cui la scrittrice soffre. Murgia ha annunciato di essere malata oncologica e di avere davanti a sé “mesi di vita”; non “pochi” mesi di vita, come è stato erroneamente riportato da alcuni giornali affamati di notizie.

Nel suo caso, un fatto sorprende e le va riconosciuto. Rileggendo l’intervista emerge un profondo spirito resistente e un’accettazione della sua condizione che poche volte è stato reso pubblico da altre persone malate, e in netto contrasto con un’altra linea di pensiero ispirata da Oriana Fallaci. La scrittrice fiorentina infatti, è risaputo, descriveva il suo tumore, trascurato per scrivere i suoi ultimi libri, per dedicarsi alla vita e ai suoi lavori, come “l’alieno”: un nemico estraneo al suo corpo da combattere, distruggere e vincere. Insomma, un rapporto respingente ed essenzialmente negativo, quello che la maggior parte delle persone malate oncologiche sviluppa per reazione.

Nel caso di Murgia, invece, tale rapporto sembra quasi antitetico. Vede la malattia come parte di sé, non da sé, lei È la sua malattia e ha deciso di abbracciarla con serenità e con ammirevole senso pratico. Ha dichiarato di aver vissuto 10 vite durante l’arco dei suoi cinquant’anni; ora vuole sposarsi e circondarsi di persone che ama e che, specifica, sanno cosa dovranno fare. Il nome di Marco Cappato, attivista in prima linea per la battaglia per l’eutanasia, chiarisce le intenzioni di Murgia più di tante parole. E chi, se non un neofondamentalista anti-scelta, la biasimerebbe?

Puntuali sono arrivati i messaggi di supporto, ma anche quelli di circostanza da parte dell’ambiente politico e intellettuale. Molti quelli di speranza, di dispiacere.
Non si contano i cuoricini sotto il video, stavolta più recente, in cui Murgia si fa rasare i capelli a zero attorniata dalla sua famiglia, poco dopo aver assistito alla prima ciocca caduta.

Forse quello ad aver fatto più scalpore è stato il messaggio inviatole da Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio ha augurato alla scrittrice, tramite i social, di riuscire a vedere la fine del suo mandato perché, scrive, sarà ancora lungo. Una specifica che ha fatto, come abbiamo già scritto, parecchio discutere. Molt* hanno visto nelle parole della Presidente un sincero augurio tra avversarie, graffiante ma genuino, un invito a non mollare, quasi una sfida a tenere duro; tant* altr* l’hanno invece considerata inopportuna e gratuita, quasi Meloni avesse voluto lanciare una frecciatina a una donna che l’ha sempre criticata.

La motivazione dietro a tale puntualizzazione è forse spiegabile nel messaggio di Murgia all’interno dell’intervista a Cazzullo, che si conclude così: “Non importa se non avrò più molto tempo: l’importante per me ora è non morire fascista”. Parole potenti, meravigliose, trasudanti forza sì ma anche resistenza, non solo un sereno stoicismo nei confronti della propria condizione. Certo, per chiunque si senta e si dichiari apertamente antifascista. Non esattamente il modello di elettore medio a cui Meloni si rivolge; forse per questo.

Murgia rappresenta certamente l’intellettuale scomoda, la dissidente. Essendo una donna poi, e particolarmente attiva sui social, incarna anche il bersaglio perfetto per la moltitudine di hater che ogni giorno le lanciano insulti misogini e grassofobici, fagocitati anche da personaggi pubblici su cui i media televisivi contano per assicurare gli ascolti. Murgia è diventata LA Murgia, quella che si attacca alle parole (alias, il sessismo nella lingua proiettato nel quotidiano), la femminista guastafeste, quella che non accetta gli Stai Zitta da nessuno, l’amica di Saviano (come se ciò fosse un ulteriore fattore di gravità, anche Saviano suo malgrado è divenuto un simbolo contro le politiche di Salvini, La Russa e il governo Meloni tutto).

La scrittrice in questi anni di intensa attività ha parlato di femminismo e cattolicesimo, di queerness e antisessismo. E continuerà a farlo finché potrà. Attraverso le sue parole serene e cariche di lucidità ha fornito un insegnamento, a dire di molt*, importante: la vita è e può essere riempita dalla R-esistenza. R-esistenza intensa, positiva, proiettata verso un tempo finito, ma senza lotte né disperazioni sfibranti, col sorriso.

Con l’intervista ad Aldo Cazzullo, Murgia ha saputo mostrare come la retorica sulla malattia massimamente adottata, ovvero quella vertente al dolore e al pietismo, sia diventata una vera e propria rottura di coglioni!

È un fatto ormai che il cancro faccia parte della vita di tantissime persone diverse e che andando avanti nei prossimi decenni si evolverà in una malattia lunga e cronicizzabile; per questo può essere utile parlarne, senza pornografia del dolore o tabù linguistici. Con senso pratico. È fondamentale parlare di malattie oggi. Argomenti di cui non vogliamo trattare, discutere, magari per non riaprire vecchie ferite o infiammare angusti timori.

Vogliamo sottolineare che secondo noi autrici del presente articolo, l’ultima cosa di cui avrebbe bisogno Murgia, e chi come lei vive un analogo approccio alla propria patologia in questo momento, sarebbero una precoce lista di necrologi e ipocrisie, specie da chi l’ha criticata per le sue posizioni e che ora le augura ogni bene. Per una volta sarebbe utile mettersi in ascolto e sostenere al meglio possibile chi vive una simile condizione col sorriso sulle labbra. Proviamo a seguire le sue parole e rimaniamo antifascist*.

Augurandoci di vedere Murgia festeggiare la fine di questo governo, che di diritti di donne, minoranze e persone malate oncologiche, tra l’altro, non vuol sentir parlare, ribadiamo un’intenzione: vogliamo Michela Murgia nelle nostre vite ancora per parecchio tempo. Fino a che non sarà lei a stancarsi di tutt* noi!

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CONTRIBUTOR

  • Valeria Manieri

    Classe 84, esperta di comunicazione e politica, Cofounder de Le Contemporanee. Lavora da anni con Radio Radicale e collabora con diverse testate, tra cui Io Donna - Corriere della Sera, Il Foglio e Milano Finanza.

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  • Transfemminista, attivista lgbtqiapk+ e militante pro-choice, Lou è una persona transgender non binaria. Dopo la laurea in Beni Culturali ha iniziato a formarsi in gender studies, cultura queer, feminism and social justice. Ha conseguito un corso in Linguaggio e cultura dei CAV. Ha abbracciato la campagna "Libera di abortire" e collabora con diversi collettivi transfemministi. Fa attualmente parte di Gaynet Roma Giovani. È una survivor di violenza. Attualmente è content creator, moderatrice e contributor. Suoi obiettivi sono: continuare a svolgere formazione nelle scuole e diventare giornalista. 

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