LP è una persona non binaria. Fateci pace.

Quando il coming out di LP, cantante di fama internazionale, è stato reso noto dai mass media, abbiamo avuto l’ennesima triste prova di quanto ancora, in Italia e non solo, continui a persistere un grosso problema con le identità di genere non conformi al normato binario maschio-femmina.
Un rifiuto caratterizzato da due espressioni ignobili: ilarità e sarcasmo, tipiche non solo delle famigerate femministe transescudenti stile J.K. Rowling, ma anche, più semplicemente, di chi teme un rovesciamento in peggio dei costumi sociali, senza però possedere alcuna nozione di che cosa si intenda per genere.
Ed è particolarmente difficile nel nostro Paese, dove il demone del “gender” ha attecchito al pari di una creatura lovecraftiana, che si avverte, ma non si vede né si comprende. Una minaccia fatta di carta e niente più, ovviamente.
Cosa è successo nel concreto?
LP, cantante statunitense di origine italiana, di cui non riporteremo il dead name, come esplicitamente richiesto dalla sua persona, onde evitare di scadere nel deadnaming (atto transfobico consistente nell’usare un nome non conforme all’identità sentita dalla persona transgender, ndr) nelle scorse settimane ha fatto coming out come persona non-binary, o non binaria.
Ha affermato di non riconoscersi nel genere assegnato alla sua nascita, ovvero quello femminile, di voler vivere in maniera aperta e autentica la propria individualità non conforme, e soprattutto, che “bisogna sostenere il cambiamento” perché “i politici non possono impedire a una persona di definirsi transgender”.
Affermazione forte, quest’ultima, risalente alla scorsa primavera ma che ci aveva fatto già capire il carattere forte della soggettività in questione e il suo desiderio in qualche modo di spianare la strada alla comunità non-binary sua fan e non solo.

Quando si appartiene al mondo dello spettacolo e ci si espone riguardo a tematiche queer – il che non si limita “solo” al personale coming out, bensì ad usare il proprio potere mediatico per raggiungere quante più persone possibili onde trasmettere un messaggio di incoraggiamento e legittimazione – il rischio di venire giudicata come persona interessata a promuoversi in qualche modo c’è sempre.
È successo anche con LP, che proprio quest’anno ha pubblicato il suo ultimo album, Golden, in collaborazione con la collega italiana Levante per il singolo Wild.
Non appena il coming out è stato reso pubblico, schiere di cosiddetti “leoni da tastiera”, detrattori, o semplici utenti annoiati nella propria ignoranza sul tema (il maschile sovraesteso è consapevolmente utilizzato per sottolineare come la maggior parte dei soggetti precedentemente elencati siano uomini cisgender, ndr) hanno sentito la necessità di invalidarlo con commenti inappropriati, prese in giro, cyberbullismo e misgendering (ovvero, attribuendo un genere femminile a LP, non rispettandone l’identità).
In un mondo ideale, chiunque si definisca come sente non dovrebbe ricevere certi commenti, anzi,meriterebbe accoglienza, solidarietà e rispetto; proprio perché l’identità altrui, in fin dei conti, non ci cambierà la vita.A cambiare in effetti qualcosa sarebbe: lo status quo transfobico e intollerante a cui troppi e troppe si aggrappano per dimenticare la propria inconsistenza umana.
Immaginiamo un mondo senza bisogno di coming out, dove le persone non avrebbero bisogno di nascondersi vivendo doppie vite. Sarebbe possibile perché non ci sarebbero rischi di violenze dovute all’intolleranza stessa, perché ci sarebbe convivenza civile e la genuina convinzione che la diversità è sempre arricchimento.
In Italia crediamo ancora che l’odio, ostile ed esplicitato, sia un diritto costantemente da affermare e rivendicare tramite pensieri e azioni. È una trappola dialettica, una giustificazione malcelata in realtà.

Nel caso delle persone trans, tali intolleranze, paure, diffidenze, sarebbero disapprovate ufficialmente, e così contrastate tramite politiche serie, ma ufficiosamente le si tollera perché, per questi individui, sarebbe pur sempre “libertà di espressione” ridicolizzare l’identità di una persona diversa da noi solo perché non la si capisce. A costo di comprometterne la salute mentale già provata dal contesto transfobico. Non riporteremo i contenuti pubblicati sotto alla notizia. Invitiamo però chi legge a fare una riflessione mirata: essere trans non è una scelta; non si può scegliere di diventarlo. Si può invece rendere il privato pubblico per un fine più grande e meno individualistico: se ha fatto bene a me uscire dall’armadio, forse il mio gesto può dare coraggio a chi ancora non ne ha e sta soffrendo. Cosa ci sarebbe di sbagliato, se non addirittura di pericoloso in questo?
Non compete a noi indagare sui motivi originari per cui LP ha deciso quest’anno di esporsi chiedendo di non farsi più chiamare col nome di battesimo, motivi senz’altro personalissimi che rispettiamo.

Vorremmo piuttosto porci in ascolto, solidali, con tutte le persone di genere non conforme, le quali vivono una incongruenza di genere.
Ascoltare è il primo passo per conoscere.
Non commettiamo l’errore dei detrattori di LP quindi, e poniamo un piccolo mattone di tolleranza verso un futuro sempre più incerto per quanto concerne i diritti umani. Delle persone trans* compresi.

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CONTRIBUTOR

  • Transfemminista, attivista lgbtqiapk+ e militante pro-choice, Lou è una persona transgender non binaria. Dopo la laurea in Beni Culturali ha iniziato a formarsi in gender studies, cultura queer, feminism and social justice. Ha conseguito un corso in Linguaggio e cultura dei CAV. Ha abbracciato la campagna "Libera di abortire" e collabora con diversi collettivi transfemministi. Fa attualmente parte di Gaynet Roma Giovani. È una survivor di violenza. Attualmente è content creator, moderatrice e contributor. Suoi obiettivi sono: continuare a svolgere formazione nelle scuole e diventare giornalista. 

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