”Una volta che la tappezzeria ti inghiotte, è difficile uscirne.”- è il monito di Francesca Bridgerton, al primo ballo della nuova stagione. Ma Penelope Featherington ce l’ha fatta: e il terzo capitolo della saga di Julia Quinn non soltanto la vede protagonista di un incantevole glow up, ma anche acquistare finalmente l’autostima e la consapevolezza di sé che la mente sagace dietro la penna della mordace editorialista Lady Whistledown meriterebbe.
Terza di due sorelle capricciose ed egoiste, Penelope ci conquista perché è, al contrario, un’anima sensibile ed introspettiva, attenta ad osservare il mondo attorno a lei. Ama sognare ad occhi aperti, leggere e fantasticare: da sempre innamorata di Colin Bridgerton, terzogenito della famiglia, non è attratta da lui in virtù delle numerose spacconerie legate ai suoi viaggi in Europa, con cui è avvezzo a farsi bello agli occhi delle “signore” recentemente apparse sul mercato matrimoniale. Ma, piuttosto, alla luce della natura gentile, che, al di là delle vuote fanfaronate, riesce comunque a riconoscere in lui.
Penelope è inoltre legata da una amicizia di lunga data ad Eloise, secondogenita del “clan” dalla mente fervida di idee e la fine intelligenza. Il loro idillio si è però spezzato nella stagione precedente, quando –essendo Eloise precipitata nel mirino della regina Carlotta, che sospettava fosse proprio lei, ad essere Lady Whistledown -, per allontanare quei pericolosi sospetti dall’amica, Penelope aveva esposto alle cronache la presunta relazione di Eloise con il tipografo Theo Sharp.
Rifiutando le spiegazioni dell’amica, e addolorata per quell’atto che a suo giudizio aveva avuto l’unico risultato di infangare la reputazione dei Bridgerton, Eloise aveva così giurato di non voler veder Penelope mai più, avvicinandosi piuttosto alla crudele ed algida Cressida Cowper.
Ma l’affetto tra le due amiche è ancora palpabile, e sebbene l’evoluzione del loro rapporto sia al momento in sospeso, la terza stagione non fa che mettere in risalto le caratteristiche volitive e la profonda introspezione d’animo di entrambe.
Le femministe più mordaci potrebbero infatti storcere il naso, al pensiero di dedicarsi alla visione di una serie ambientata in un’epoca in cui, di fatto, per una donna, contrarre matrimonio era un modo pressoché indispensabile per acquisire libertà, e per affrancarsi dalla famiglia di origine. Ma l’universo di Bridgerton (non a caso, prodotto dalla brava Shonda Rhimes) porta in scena personaggi “rivoluzionari”, mostrandoci un’epoca della Reggenza inglese esattamente per come avrebbe dovuto essere.
Personaggi integrati, di ogni etnia e provenienza; intelligenti e a tutto tondo ruotano intorno, in questa terza stagione, alla splendida Nicola Coughlan, attrice irlandese che presta il suo volto a Penelope. E che diventa protagonista, insieme con Rhimes, di un’altra scelta di grande importanza; quella di non far “dimagrire Penelope”, come invece accade nei romanzi di Quinn, per conquistare il cuore di Colin. Ma di farla restare esattamente così come è: perché il suo peso “non ha nessuna influenza nella possibilità che Penelope possa far innamorare qualcuno di sè.”
Per lo stesso motivo, Coughlan ha deciso di mostrarsi nuda, in alcune scene della serie. “Mi è parso un grosso vaffan*lo agli haters, e a tutti i discorsi intorno al mio corpo.”- ha spiegato l’attrice, rivelando di essersi sentita assolutamente a proprio agio, davanti all’occhio della cinepresa. Il glow-up di Penelope, dunque, passa soprattutto attraverso la preziosa consulenza della immancabile modista, che le consentirà di acquisire uno stile parigino, con colori maggiormente adatti a lei, che dalle nuances agrumate tipiche delle Featherington (scelte dai costumisti, per esaltarne “l’invidia e l’acredine”), giungono a riflettere i giochi di luce delle pietre preziose, alle quali scoprirà finalmente di appartenere di diritto.
Ma il glow-up di Penelope, emblemizzato perfettamente dalla scena del mercato, in cui lei stessa si sofferma a riflettere sull’assoluta centralità dell’opinione degli altri nella propria vita, assumerà soprattutto questo potente significato. Quello della capacità di svincolarsi dal giudizio altrui; dagli sguardi delle “rivali” che hanno riso di lei; dalle crudeli parole delle madre che la ha sempre giudicata non abbastanza bella; dai lord che la hanno con ostinazione ignorata; dalla tappezzeria che, ballo dopo ballo, l’ha sempre invitata a fare parte di sè.
Perché forse, questa serie tutta trine e merletti, anti-femminista, in realtà, non è. E vuole ricordare ad ognuna di noi che nessuno ha il diritto di non farci sentire abbastanza. E che per uscire da quell’angolo buio non è mai troppo tardi, decidendo di iniziare a brillare.