Istantanea

Figli per salvare l’economia nazionale? Scordatevelo

E dunque dovrei dire alle mie figlie di fare a loro volta un figlio per salvare l’economia nazionale, per proteggere i bilanci dell’Inps, per preservare l’etnia italiana, per dare all’agricoltura le braccia che servono e ai ristoranti i camerieri che non si trovano, per incassare benefit detassati se mai lavoreranno in un’azienda, in prospettiva per pagare meno tasse. Mi immagino la gran risata. E vorrei rigirarla ai molti che si stanno interessando di natalità senza nemmeno immaginare che nella scelta della maternità c’è un quid che sfugge a ogni ragionamento razionale e che quel quid dipende dallo stato d’animo delle donne e dal loro pensarsi in rapporto al mondo dove vivono.

I recenti Stati generali della natalità organizzati dalla Fondazione Natalità e dal Forum delle Associazioni Famigliari erano il contesto ideale per sollecitare questo quid. Qualcuno del governo avrebbe potuto dire alle donne: vi promettiamo che non un’euro dei 4,6 miliardi destinati dal Pnrr ai nidi e alle scuole dell’infanzia sarà perso, li costruiremo tutti e li riempiremo tutti di maestre e puericultrici (i soldi ci sono già pure per quello, li ha messi il governo Draghi). Qualcuno dell’impresa avrebbe potuto impegnarsi: faremo assunzioni 50/50 ovunque sia possibile, adotteremo buone pratiche internazionali per favorire le carriere delle donne, apriremo nidi aziendali in ogni ufficio e fabbrica dove ci sia richiesta. Qualcuno dell’accademia e dell’università avrebbe potuto pretendere: tiriamo via ogni bonus e microbonus e investiamo il ricavato in sostegni agli studenti lavoratori che si affittano una casa, mollano mamma e papà e cominciano la loro vita da adulte e da adulti quando deve cominciare, tra i 20 e i 26 anni come succede in ogni parte d’Europa. Nulla di tutto questo è stato detto, nessuno specifico impegno è stato preso.

Nessuna fa un figlio per aiutare l’economia, i pensionati, i ristoratori o tantomeno la continuità della Nazione. Le donne fanno figli perché li vogliono, e le italiane (lo dice ogni analisi statistica) ne vorrebbero almeno due, ma quasi sempre si fermano a uno o addirittura a zero perché l’età in cui si conquista un lavoro stabile, una casa, risorse per pagare la baby sitter, è così avanzata da impedire progetti di maternità più larghi. Il dibattito sulla natalità dovrebbe partire da questo: dal desiderio frustrato delle donne, non dalle necessità pratiche o addirittura ideologiche del sistema. E se si rispettasse questo punto di partenza si dovrebbe ammettere che l’emergenza natalità di cui tutti parlano è in realtà una colossale e sistematica violazione del diritto alla maternità delle donne e quindi della loro libertà.

Diceva Don Milani che non c’è nulla di più ingiusto di fare parti uguali tra diseguali. È quello che abbiamo fatto in Italia nel welfare, nella sanità, nell’accesso al lavoro, nei contratti, nelle carriere, immaginando donne e uomini come soggetti paritetici nelle esigenze, nei desideri, nella situazione economica, nei problemi quotidiani. Se davvero si ha cuore la natalità bisognava (bisogna) ammettere che essa dipende in maggior parte dalle scelte delle donne e avere il coraggio di fare parti diseguali innanzitutto negli investimenti dello Stato: più nidi, più tempo pieno, più flessibilità negli orari, più sostegno alle donne, e meno qualcos’altro. Ma questo coraggio finora non c’è stato, non si è visto, anzi. Il racconto pubblico sull’emergenza natalità molto spesso assume connotati colpevolizzanti per le donne, quasi che il problema delle culle vuote fosse dovuto a una loro negligenza, alla loro scarsa voglia di sacrificio o addirittura alla loro vanità nel cercare altre forme di realizzazione. Se questo discorso non sarà rovesciato, non solo ogni incitamento a far bambini finirà nel vuoto ma potremmo assistere addirittura alla più classica dell’eterogenesi dei fini, e cioè che il gran dibattito in cui tutti chiedono alle donne di diventare madri per far grande la patria, l’economia, lo sviluppo, l’Inps, provochi una reazione di segno opposto: “Scordatevelo, certo non farò un figlio per risolvere i problemi vostri”.

TAGS

CONTRIBUTOR

COMMENTI

Una risposta

  1. Le donne e ,oserei dire, gran parte degli uomini che hanno un pensiero in testa, non possono che condividere quanto scritto da Flavia. Le chiacchiere di Meloni sono inutili e vuote, il papa ha fatto il politico di opposizione moderata ( che altro avrebbe potuto?) I soldi per rivoltare l’attuale stato sociale non sono nemmeno immaginati. Continuiamo a farci del male. Ma almeno non organizziamo convention ridicole.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di LeContemporanee.it per rimanere sempre aggiornato sul nostro Media Civico