Istantanea

Jenna Ortega e il fenomeno del deep fake

Jenna Ortega, attrice molto amata negli ultimi anni e divenuta nota a livello internazionale grazie al ruolo di Mercoledì Addams, ha annunciato di voler chiudere il suo account X per via della costante violenza digitale rivoltale dai follower. L’attrice ha denunciato di aver ricevuto costantemente e senza consenso sue immagini modificate tramite l’intelligenza artificiale, in cui appare più giovane, addirittura bambina, e in pose sessualmente esplicite.
Una pratica, quella del deep fake purtroppo famigerata, e che vede vittime attrici di Hollywood come anche donne comuni di ogni ceto sociale e condizione. Le motivazioni dietro a questi invii, per chi si preoccupa di studiare il fenomeno, è quello di esercitare potere, online e (in)diretto, sulla vittima: il potere di prendere la sua immagine modificandola e sessualizzandola a piacimento, di inviargliela per renderla consapevole di tale azione, di scatenare vergogna, paura, di modificarne comportamenti e tragitti.

Spesso chi sopravvive alla violenza online di questo livello non gode dello stesso privilegio di Ortega: non sa come muoversi per una denuncia, come fare per tutelarsi. Le immagini online non sono sempre rintracciabili come quelle analogiche. Ed è quindi altamente improbabile far sparire quei deep fake dal web, per non parlare di quello più profondo dove circola di tutto.

Inutile dire che la maggioranza schiacciante delle survivor sono donne e persone afab (assegnate donne alla nascita) e che parallelamente, il crimine viene commesso da uomini. Questo ovviamente sottolinea la natura patriarcale dell’atto predatorio contro le donne, le quali non andrebbero a prescindere biasimate perché proprio grazie alla tecnologia non è neanche più necessario ricercare immagini erotiche per editarle: basta una foto profilo di Facebook, o di un qualsiasi social network.

Sono successi troppi casi di violenza online, prima tra tutte la condivisione non consensuale di materiale ritraente Tiziana Cantone, per credere ancora alla storia dei poveri abuser inconsapevoli della gravità di quanto commettono e delle conseguenze che scatenano con l’invio non consensuale di immagini. Non si tratta di “ragazzate”, di “giochi”, non sono solo dei collage “goliardici”. I dati confermano che la metà delle donne vittime di CNC medita almeno una volta il suicidio. Bisogna lavorare sulla cultura, e tutelare ancora di più.

©️ Credit pic: Glamour UK

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