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La perfezione non esiste. E neppure la modella AI di Vogue

In un mondo in cui l’intelligenza artificiale si insinua in ogni ambito creativo, anche la moda cede il passo alla tecnologia. L’edizione di agosto 2025 di Vogue US ha fatto storia (e scandalo) con la pubblicazione di una modella interamente generata dall’IA, frutto del lavoro dell’agenzia londinese Seraphinne Vallora.

Perfetta, irraggiungibile, irreale: la nuova “modella” è apparsa in un inserto pubblicitario per Guess, senza trucco, senza stylist, senza corpo fisico. Solo un’etichetta minuscola svela la verità: “Creato con l’intelligenza artificiale”.

Ma questa trovata tecnologica ha aperto un vaso di Pandora.

La modella AI di Vogue ricalca infatti uno standard estetico iper-perfetto, spesso eurocentrico, che rischia di rafforzare insicurezze e disturbi legati all’immagine corporea – soprattutto tra le giovani generazioni.

L’intelligenza artificiale non crea a caso: apprende dai dati disponibili. E i dati della moda, per decenni, hanno premiato un solo tipo di bellezza. Il risultato? Un modello algoritmico che ricalca stereotipi anziché superarli.

Anche la scritta “AI-generated” inoltre, sebbene presente, risulta poco visibile: una scelta che ha condotto persino alcuni lettori a disdire il loro abbonamento, delusi dall’idea che una rivista iconica come Vogue promuova corpi che in realtà non esistono.

Per non parlare dei risvolti connessi ai professionisti della moda: con un volto creato al computer, saltano infatti filiere intere di lavoratori di settore, che rischiano di trasformarsi in obsoleti, con una conseguente disumanizzazione del lavoro.

Anche la materia di diritto si fa oscura: chi possiede il volto di una modella AI? Cosa succede se è ispirata al viso di una persona reale? Il dibattito è appena iniziato, ma il vuoto normativo è enorme: e senza regole chiare, si rischiano abusi. Clonazione digitale non autorizzata, uso improprio dell’identità visiva, sfruttamento delle somiglianze fisiche senza consenso.

Infine, il tema dell’inclusione: in teoria, l’IA potrebbe generare modelli con ogni tipo di etnia, età, taglia o disabilità. Ma la realtà è diversa. Le versioni AI “diverse” ricevono meno visibilità, meno like, meno engagement: e le aziende che inseguono la logica del profitto, dunque, tendono a non privilegiarle.

Certamente, l’uso dell’IA nella moda potrebbe avere anche dei vantaggi: quali creatività rapida e senza vincoli fisici, e maggior sostenibilità nelle campagne. Ma il rischio rimane alto: ed appare connesso ad una perdita inevitabile di ciò che ha sempre reso la moda davvero potente ed impressiva; l’umanità, le storie, l’imperfezione.

La scelta di Vogue di usare una modella creata dall’intelligenza artificiale, comunque la si guardi, non è solo una provocazione estetica, ma un punto di svolta. Ci costringe a chiederci: cosa vogliamo davvero vedere sulle copertine? Corpi perfetti… o persone vere?

In un’epoca in cui la realtà può essere replicata con pochi clic, l’autenticità potrebbe diventare il vero lusso del futuro.

© Pic rights Seraphinne Vallora

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