Ventotto anni fa, moriva Lady Diana Spencer.
A distanza di così tanto tempo dalla sua fine prematura, oggi basta aprire le piattaforme social per imbattersi in un trend rivelatorio su quanto ancora la sua influenza sia presente, anche fra chi non era ancora nata quel 31 agosto del 1997.
Il trend, editato in decine di reel, si intitola: “in un mondo di Kardashian, sii Lady Diana”.
Il modello inizia con un montaggio di immagini in successione di bellezze sensuali ma fittizie, chirurgicamente artificiali, alla Kim Kardashian appunto: curve irrealistiche fasciate in abiti color carne o in pvc, trucco scolpito, nasi e zigomi rifatti, labbra pompate, gioielli appariscenti, vita notturna, red carpet e macchine di lusso.
Nella seconda parte invece, la protagonista è Lady Diana con immagini ispirate non solo al suo stile iconico anni ’80-’90, ma anche di vita pubblica e impegno sociale: mom jeans, tubini neri, abiti da favola principesca, perle, sobria eleganza, caschetto biondo, sguardo malinconico, mani strette, sorriso pieno di dolcezza e fragilità, abbracci e libri.
È evidente l’invito a paragonare i valori di oggi con quelli di una donna eccezionale come fu Diana; una donna la cui vita fu spolpata fin nei più infinitesimali interstizi privati, e tutto per mitizzare una figura da rivendere all’infinito, dal cinema alle tazzine da tè, e romanticizzare una classe, quella nobile e monarchica ormai al collasso popolare se non per l’interesse turistico.
Suona cinico, ma la divinizzazione di Lady D non è stata unicamente la conseguenza di un lutto collettivo e dell’amore provato per una donna speciale, empatica e generosa, trendsetter senza pretese, normale nella sua unicità. È stata una strategia di marketing i cui risultati, commerciali ed emotivi, si intravedono sotto i trend sopra menzionati.
Cosa ci attrae tanto di una donna accessibile e inaccessibile allo stesso tempo? Lady Diana era una principessa del popolo; era emotivamente fragile, bulimica, socialmente impegnata contro i conflitti e la discriminazione sierofobica (la suerofobia è la paura e l’odio nei confronti delle persone sieropositive, tutt’ora presente). Ricordiamo la stretta di mano a un ragazzo malato di AIDS. Non fu soltanto una foto che fece epoca – una principessa che stringe la mano a un ragazzo malato – bensì un gesto che abbatté l’ignoranza nei confronti del contagio.
Diana aveva un potere e lo ha usato per essere qualcosa di più di una fattrice reale o di una figurina elegante.
Il fatto che sia ancora presente su piattaforme di cui non poteva prevedere la pervasività, indica che il suo esempio ha ancora molto da dare. E non solo nella moda.
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