A Monteverde, Roma, si rinnova lo scontro intorno al prelievo forzoso di una bambina di 5 anni affetta da una rara patologia genetica. Dopo il primo tentativo fallito, avvenuto alcuni mesi fa, un nuovo intervento – questa volta con l’impiego di agenti delle forze dell’ordine, assistenti sociali, vigili urbani e la tutrice legale – ha registrato l’opposizione compatta del condominio. Al grido di “Non la portate via!”, decine di residenti si sono schierati in difesa della piccola, circondandola e impedendone l’uscita dall’abitazione.
Il Tribunale di Roma aveva stabilito – sulla base di una consulenza tecnica – che la permanenza con la madre, già vittima di violenze domestiche, fosse fonte di rischio psicopatologico per la bambina. Le assistenti sociali, richiamando il principio di bigenitorialità, avevano quindi deciso il trasferimento in una casa-famiglia.
L’episodio ha sollevato un’ampia mobilitazione: residenti, associazioni, rappresentanti istituzionali – tra cui la consigliera di parità regionale e deputati locali – uniti nel chiedere che si tenga conto del valore affettivo della rete vicinale e del benessere psico-fisico della minore .
Tra le voci più autorevoli, quella della Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, Marina Terragni. In una missiva inviata anche ai ministri competenti, la Terragni ha ribadito che “il prelievo forzoso può essere adottato unicamente a tutela dell’incolumità del minore e nei casi in cui vi siano rischi certi e imminenti”, citando sentenze che ne limitano l’applicazione ai soli casi estremi. Terragni ha inoltre espresso preoccupazione per la condizione medica specifica della bambina, sottolineando l’opportunità di una valutazione da parte di un collegio medico con competenze in patologie genetiche, e non solo psicologiche.
Riferendosi al recente intervento dei servizi sociali in forze, la Garante ha dichiarato:
“L’intervento della forza pubblica […] deve essere considerato solo nei casi in cui l’incolumità del minore sia a grave rischio.”
E ha ricordato che, secondo l’articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia – ribadito dalla riforma Cartabia – il minore deve sempre essere ascoltato quando coinvolto in decisioni che lo riguardano. Infine, non può essere tralasciato nemmeno l’impatto del sostegno della comunità di condominio, che considera la bambina come parte integrante della propria “famiglia allargata”, e solleva la questione del valore delle reti sociali locali nella tutela del minore.
Marina Terragni, in qualità di Garante, ha preso posizione con fermezza:
«Se la minore si oppone […] non rimane che relazionare al giudice del procedimento senza effettuare atti di forza»
Il caso della bimba di Monteverde non è solo una vicenda giudiziaria, ma un campanello d’allarme sul fragile equilibrio tra tutela formale dello Stato e legittimità del ruolo della comunità affettiva. L’intervento di Marina Terragni solleva questioni fondamentali: la giusta applicazione della bigenitorialità, l’importanza dell’ascolto del minore, e il limite della forza nel proteggere, senza traumatizzare.
Mentre il condominio resta pronto a difendere la bambina, rimane aperta la sfida su come bilanciare con misura – e umanità – il bisogno di protezione con la protezione stessa.