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Red, il coronamento del women empowerment tra Disney e Pixar

Sono state molte le generazioni cullate, nell’ultimo secolo, da un’idea di donna prevalentemente statica, che attende inerme il suo cavaliere. In che modo? Magari assorta nel sonno (come la Bella Addormentata) o addirittura in una bara di cristallo (Biancaneve) e con la ritirata obbligata (Cenerentola). L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma per fortuna la direzione sta cambiando… 

Seppur in assenza di rappresentazioni femministe strutturate, possiamo parlare di una svolta iniziata negli anni Duemiladieci e culminata con Red, recente prodotto della Pixar. Il primo, e va ricordato da subito, in cui viene detta chiaramente, e più volte, la parola “assorbenti”. Al centro, e il consiglio è di recuperarlo su Disney +, ci sono le dinamiche adolescenziali, le liti a scuola, l’attesa per i concerti a cui andare con le amiche e la comparsa delle mestruazioni.

Sdoganare certi discorsi ad un pubblico sempre più consapevole, per quanto in tenera età, è un semplice stare al passo coi tempi. Alle professionalità coinvolte tra regia, sceneggiatura, montaggio è ormai chiaro come il cinema, o la piattaforma streaming che sia, non deve mostrare profili irraggiungibili. Sullo schermo devono esserci i problemi concreti, quotidiani e, soprattutto, la donna può, e anzi deve, avere il giusto margine all’interno della narrazione. 

In casa Disney il primo importante esempio in merito è Mulan – 1998 e live action nel 2020 – quasi una capofila del “secondo sesso” (come lo definiva Simone De Beauvoir). Nell’esordio, l’eroina cinese si traveste da maschio per un ampio riconoscimento da parte della società, ma, in corso d’opera, riesce a farsi accettare in quanto donna, senza avere alcuna, poiché insensata, vergogna.

Lo storico modello di “principessa”, esclusivamente vista come fedele spalla, cambia progressivamente i suoi connotati e lo vediamo nella determinazione di Rapunzel, figura chiave nell’omonima pellicola. Oppure ecco Tiara che in “The princess and the frog” porta un tocco di intersezionalità in quanto “black woman”. Il punto non è la presenza o meno delle donne all’interno dei lungometraggi, ma il peso e la decisività ai fini della storia.

Nascono allora le iconiche Anna e Elsa in Frozen (I e II) che hanno il merito di aver fatto tornare di attualità i grandi classici, inserendosi, da pietra miliare, in una tradizione lunghissima. Sono loro a decidere se sposarsi e con chi, tenendo gli occhi bene aperti davanti a chi tenta di ingannarle. La loro “sorellanza” (innanzitutto di sangue) è un punto di riferimento nella cultura di massa. 

L’aggettivo per definire il trend in atto? Sicuramente “Ribelle”, titolo, d’altronde, della vicenda di Merida, talentuosa arciera desiderosa di decidere da sé la strada da percorrere, senza le influenze della famiglia. La voglia di costruirsi da sola torna, nel 2016, in Oceania dove la totalità delle scene si articola intorno ad una sedicenne con il compito di salvare il mondo. 

Nello stesso anno, proseguendo con la Pixar, abbiamo “Alla ricerca di Dory”, nel quale, anche se si parla di creature marine, l’attenzione è su un’esperienza al femminile di ascolto di sé. Perfino un film cosiddetto di “supereroi”, ovvero “Gli incredibili”, cambia passo e nel sequel del 2018 dà il ruolo di punta a Helen Parr, alias Elastigirl, mentre il marito si confronta con la paternità, lasciando spazio alla realizzazione della compagna. 

E arriviamo al 2021, quando, e con soddisfazione, l’emancipazione non è più una novità, ma subentra la sfida di normalizzazione. Si giunge così ad “Encanto”, con l’affascinante imperfezione di Mirabel, ad insegnarci come non sia necessario uno specifico talento per affermarsi. È l’unione a creare la forza, lezione ripetuta in “Raya e l’ultimo drago”, ennesimo capolavoro animato basato sull’empowerment

A coronare un percorso audace e risolutivo è “Red”, dove si ritrae la crescita di Mei Lee, desiderosa di liberarsi da un’ansia eccessiva di prestazione. Il confronto con la madre, e con la nonna, avviene in un contesto a tratti matriarcale. Una concatenazione di rapporti irrisolti che tenta di mascherare un senso di inadeguatezza per “un lato incasinato, chiassoso e strambo di noi” che ci si ostina a “tenere nascosto”.  

C’è bisogno di riferimenti coraggiosi, che non hanno paura di inclinazioni e direzioni scelte, come ci insegnano le attiviste e scrittrici Elena Favilli e Francesca Cavallo con “Storie della buonanotte per bambine ribelli”. I loro libri spaziano da Margherita Hack a Rihanna raccontando discipline, etnie e stili di vita diversi. Con un unico comune denominatore: la fiducia nelle proprie capacità.

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CONTRIBUTOR

  • Emanuele La Veglia

    Emanuele La Veglia è giornalista professionista, scrive di empowerment femminile per Vanity Fair e altre testate. Sul tema è intervenuto in webinar, eventi e attività di formazione. Classe ’92, ha vinto diversi premi nazionali ed è molto attivo nel sociale. Per Rcs ha curato un volume sulla figura di Coco Chanel.

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