Istantanea

Un milione al Roma Pride. Tra polemiche e un patrocinio negato

Il Roma Pride del 10 giugno 2023 si è concluso con stime mai raggiunte prima nella Capitale: trentacinque carri e la cifra record di un milione di partecipanti rispetto ai novecentomila dell’anno precedente. Un numero probabilmente foraggiato dalla notizia, risalente a poche ore prima, secondo cui la Regione Lazio, in particolare il suo governatore, Francesco Rocca, aveva prima concesso il patrocinio per poi negarlo una volta pubblicato il consueto documento politico da parte dell’organizzazione del Pride. All’interno del documento infatti, è presente l’intenzione di voler raggiungere presto il diritto a costruire nuclei familiari anche tramite la gestazione per altri, o GPA, meglio conosciuta ai più con una definizione scorretta e offensiva, adottata dalle organizzazioni Pro Vita, come “utero in affitto”. Questo sia per coppie lgbtqiapk+, sia per quelle etero che, al momento attuale, sono quelle che vi ricorrono per oltre il 90%.

Ciononostante, per la Regione Lazio tale specifica sarebbe stata offensiva nei confronti della morale comune, di conseguenza concedere il patrocinio sarebbe stato impossibile se non addirittura una promozione di quella che la Presidenza Meloni intende trasformare – beninteso, in maniera del tutto incostituzionale – in un reato universale.

In seguito alla notizia, e all’evidente assenza di una formazione minima su tali pratiche riproduttive, il governatore Rocca ha preteso le scuse del portavoce del Roma Pride, Mario Colamarino: se ci fossero state scuse pubbliche per la citazione, ha dichiarato, il patrocinio della Regione avrebbe fatto dietrofront. Colamarino, che è anche portavoce del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, e da anni impegnato sul fronte dei diritti della comunità, ha risposto con fermezza ribadendo che, patrocinio o no, il Pride sarebbe andato avanti comunque. E i numeri gli hanno dato ragione. Rocca ha infine dichiarato di aver ceduto a presunte provocazioni da parte del Roma Pride e che il ritiro del patrocinio sarebbe stata una strumentalizzazione di cui però non sarebbero ben chiare le motivazioni.

La polemica poc’anzi riportata è importante per capire come si sia rivelata un boomerang per le istituzioni ancora pregne di mentalità no-choice e omolesbobitransafobica. Il solo fatto che la GPA venga ancora associata alla comunità lgbtqiapk+ – quando, ripetiamolo, vi ricorre solo il 10% partendo per l’estero – appare come l’ennesimo tentativo di collegare identità di genere e orientamenti non conformi all’eteronorma a pratiche ancora considerate illegali e iniquamente condannate. Paesi come l’Australia, il Canada, la Danimarca, la Grecia, i Paesi Bassi e il Regno Unito, dove la GPA è legale, vantano una regolamentazione molto rigida per quanto riguarda la gestazione per altr* non retribuita, in una parola: solidale. Eppure ciò non basta. Si continua a parlare di sfruttamento femminile e di compravendita, mancando però di inserire nel discorso le tutele per la persona gestante garantite ove la pratica è anche legalmente retribuita. Non solo Rocca. Anche la ministra Eugenia Roccella ha fatto della lotta alla GPA il suo nuovo bersaglio politico.

Ma tornando al Pride, a cui anche noi Contemporanee abbiamo partecipato con convinzione. Molte le figure istituzionali presenti. Anche quest’anno il sindaco Roberto Gualtieri, la Segretaria del PD Elly Schlein, il deputato Alessandro Zan, le Senatrici Monica Cirinnà ed Emma Bonino hanno voluto partecipare a fianco delle realtà associative mostrando il loro sostegno. Qualche nome delle suddette realtà: Famiglie Arcobaleno, Arcigay, Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Gender X, Gaynet Roma, San Lorenzo Pride, Non Una Di Meno, Priot Pride, Radicali Italiani, UAAR e moltissime altre.

Il corteo ha ricevuto parecchia pubblicità, viste le polemiche, e la partecipazione ha coinvolto davvero chiunque, di qualunque età, orientamento e identità, arricchendo umanamente e sostenendo le richieste della comunità agli organi istituzionali. Non solo il diritto di accedere a differenti metodi riproduttivi in Italia, ma anche all’adozione e soprattutto alla tutela e al riconoscimento delle famiglie arcobaleno, l’identità alias sui luoghi di lavoro, la carriera alias nelle scuole, una corretta e onnicomprensiva educazione sessuoaffettiva obbligatoria, più rappresentazione della comunità nelle sedi istituzionali, l’emendamento della legge 164 per le persone transgender* e il matrimonio egualitario per tutt*. In particolare, una legge di tutela dall’omolesbobitransafobia e dai crimini d’odio annessi (l’affossamento del disegno di legge Zan non è stato dimenticato).

Solo nell’ultimo anno i crimini contro le persone queer sono aumentati esponenzialmente, non solo in Europa. In Italia abbiamo avuto due casi recenti: il pestaggio di Bruna, donna transgender brasiliana, da parte di tre vigili a Milano, e l’aggressione a Pavia di un omofobo ai danni di due ragazzi, del tutto ignorato dai passanti che sono rimasti indifferenti. Attacchi simili non sono soltanto il motivo per cui bisogna intendere il Pride come un’azione politica collettiva. Sono anche l’inquietante testimonianza di una società, quella italiana, che ancora vede il crimine d’odio come diritto di espressione, o come affare altrui di cui sarebbe bene non immischiarsi. Nella più abbietta omertà, nel nostro Paese si tollera l’omolesbobitransafobia molto più delle soggettività che la ricevono per il solo fatto di esistere e di non volersi più nascondere. Soggettività che, lo specifichiamo, non vogliono più essere semplicemente tollerate ma riconosciute come qualsiasi altra in diritti e doveri. E non è certo dovere, il subire una violenza per chi sei, chi ami e come vuoi vivere.

Il Pride non è una carnevalata. È un invito a considerare le battaglie per i diritti delle categorie marginalizzate importanti al pari di tutte le altre maggiormente sentite dalla comunità maggioritaria (eterocisgender bianca e abile): il diritto al lavoro, alla salute sul lavoro, diritto di famiglia, diritto alla tutela dalla violenza, diritto alla libera espressione di sé, diritto alla formazione, alla contraccezione, alla prevenzione e all’autorealizzazione soggettiva. Quando si riconosce il fatto che, per quanto apparentemente simili, in realtà quelle della comunità lgbtqiapk+, delle persone disabili e neuroatipiche, di quelle migranti, delle femministe, delle persone di seconda generazione, sono lotte doppiamente osteggiate, il passo più facile sta nell’ignorarle, magari affidandosi alla propaganda di destre che non sanno fare le destre. Meglio pensare che i diritti ce li avrebbero tutti e che non ci sarebbe bisogno di cortei arcobalenosi di sensibilizzazione per ottenerli. In barba ai numeri e alle condanne da parte del Parlamento Europeo.

Solo quando si capirà che le dinamiche discriminatorie sono interconnesse tra loro, opprimendo persone per la supremazia di poche altre, allora sarà possibile una coscienza collettiva proiettata verso il cambiamento strutturale della società. Ci auguriamo che questo governo lo capisca, ma permetteteci di dubitarne, viste le premesse catastrofiche.

Concludiamo con il ricordo di Cloe Bianco, l’insegnante morta suicida esattamente un anno fa a causa del mobbing transfobico sul lavoro di cui vi abbiamo già raccontato. Con una legge di tutela, Bianco sarebbe ancora alla sua cattedra a svolgere il proprio lavoro. Nessuno si sarebbe permesso di ingiuriarla perché convinto di farla franca. Perché l’omolesbobitransafobia non è semplicemente un virus circoscritto all’identità, ma infetta ogni ambiente, dalla casa all’ufficio, dalla palestra all’ospedale, dalla scuola alle sedi istituzionali. Nostro compito, e nostra eredità, sta nel fare il possibile perché tragedie annunciate come quelle di Bruna e Cloe Bianco non si debbano più ripetere.
Fine.

Fonti:
https://roma.repubblica.it/cronaca/2023/06/10/foto/roma_pride_2023-403965205/1/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/06/06/rocca-vuole-le-scuse-degli-organizzatori-del-pride-cosi-rido-il-patrocinio-della-regione/7184852/
https://www.google.com/amp/s/luce.lanazione.it/attualita/regione-lazio-roma-pride-2023/amp/
https://www.adnkronos.com/roma-pride-2023-oggi-la-grande-parata-percorso-e-info-sullevento_2u4Qj68xJlrMKSe6pIFEZx
https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/06/10/migliaia-in-piazza-a-roma-per-il-pride.-schlein-giusto-essere-qui_425d3918-f9db-41e9-921a-4d3a5b2661c0.html
https://www.google.com/amp/s/www.linkiesta.it/2023/06/roma-pride-rocca-destra-gpa-gestazione-maternita-surrogata/amp/
https://tg24.sky.it/cronaca/2023/03/24/maternita-surrogata-cosa-significa-e-quali-sono-i-numeri-nel-mondo
https://www.open.online/2023/05/26/milano-donna-trans-aggredita-vigili-bruna-chi-e/
https://www.lastampa.it/cronaca/2023/06/08/video/gay_via_ammazzo_aggressione_omofobia_a_pavia_e_nessuno_interviene-12847436/
https://lecontemporanee.it/voci/cloe-bianco-una-vita-radicale/

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CONTRIBUTOR

  • Lou Ms.Femme 

    Transfemminista, attivista lgbtqiapk+ e militante pro-choice, Lou è una persona transgender non binaria. Dopo la laurea in Beni Culturali ha iniziato a formarsi in gender studies, cultura queer, feminism and social justice. Ha conseguito un corso in Linguaggio e cultura dei CAV. Ha abbracciato la campagna "Libera di abortire" e collabora con diversi collettivi transfemministi. Fa attualmente parte di Gaynet Roma Giovani. È una survivor di violenza. Attualmente è content creator, moderatrice e contributor. Suoi obiettivi sono: continuare a svolgere formazione nelle scuole e diventare giornalista. 

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