Nel giro di 48 ore, il progetto di “Educare alle relazioni”, che individuava in Anna Paola Concia, Suor Monia Alfieri e Paola Zerman le sue tre garanti, è stato depauperato delle tre figure di riferimento inizialmente designate.
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, è infatti retrocesso dal proposito di affidare alle tre garanti, rappresentanti di tre “diversi orizzonti culturali” il compito di sostenere l’iniziativa, tra gli interventi destinati alle scuole di ogni ordine e grado, dopo il dramma del caso Cecchettin.
La nomina di Concia, tuttavia, pare aver suscitato “le proteste dei massimalisti di sinistra e di destra”, le quali si sono effettivamente concretizzate in una collettiva irritazione della base leghista, dei parlamentari e dei vertici di partito, nonchè in una raccolta firme da parte di ProVita&Famiglia.
“L’individuazione di Concia nelle vesti di garante è simbolo di un approccio politico che non appartiene al Centrodestra”- è stato il lapidario commento dei partiti di maggioranza, alludendo forse all’attivismo per i diritti LGBTq di Concia, o alla sua trascorsa affiliazione al Partito Democratico.
Vane le rassicurazioni di Concia, che ha più volte ricordato che il progetto educativo si sarebbe esclusivamente occupato di disincentivare la violenza contro le donne.
“Credevo che dopo il caso di Giulia, il Paese fosse cambiato. – Ha osservato, con amarezza, Concia – Ma forse, non è così.”
Sinistra Italiana aveva sua volta criticato le nomine del Ministro Valditara, individuando nella designazione di Suor Alfieri un elemento in forte contrasto con la formale laicità del nostro paese.
Benchè il Ministro Valditara assicuri che il progetto “Educare alle relazioni” proseguirà senza garanti, con un continuativo dialogo tra associazioni di genitori, studenti e docenti, nonchè con l’intervento di psicologi professionisti, pesa l’occasione persa di dare spazio a tre diversi punti di vista, attraverso l’individuazione delle garanti, uniti nella lotta alla violenza.
In quest’ottica, le parole di Anna Paola Concia hanno, forse, drammaticamente centrato il punto: sullo sfondo di un Paese che, all’indomani della tragedia dell’assassinio di Giulia Cecchettin, perde di vista “l’obiettivo”, arroccandosi attorno a prese di posizione ideologiche che sviliscono l’universalità della causa, c’è realmente da chiedersi se, al di là del moto di partecipazione collettiva che la morte di Giulia ha sollecitato, qualcosa, sia effettivamente mai cambiato.
Perchè la politica riesce ancora a dividersi, quando si parla di violenza sulle donne? Perchè l’inclusione riesce ancora a far paura, e l’eterno spauracchio dell”ideologia gender” ad oscurare l’imprescindibilità di costruire un fronte comune, per spezzare la catena di cui l’uccisione di Giulia Cecchettin ha rappresentato soltanto uno degli ultimi anelli?
Quel risveglio della coscienza collettiva, ad oggi, soltanto vagheggiato, domani, continuerà a far pesare la sua latenza invariabile. Ed a meno che “un cambio di passo”, davvero, non si concretizzi, il futuro che ci attende si profila (ancora) troppo oscuro.
Una risposta
Credo che il “caso Concia” lasci vedere chiaramente come la violenza sulle donne, tema teoricamente trasversale, da affrontare tutti insieme, metta in difficoltà le destre che ci governano.
Meglio fare un discorso istituzionale univoco, senza persone “troppo” esperte e coinvolte civilmente.