La prima serata dell’edizione 2024 del Festival di Sanremo ha ospitato molte voci interessanti, sia nuove che mature. I messaggi trasmessi sono subito balzati alle cronache per il forte contenuto politico e di interesse sociale. Tra le voci che hanno voluto esprimere la rabbia per una condizione di cui di parla tanto ma in maniera incompleta e soggetta al pregiudizio sessista è stata senz’altro quella della leggendaria Loredana Bertè. La cantautrice, attrice, ballerina e presenza storica al festival sanremese, ha portato sul palco un testo irriverente e potente, come suo stile consueto, intitolato “Pazza”. Crediamo sia importante e necessario riportarlo sul nostro media civico per condividere insieme una riflessione sui contenuti dello stesso.
Di seguito il testo integrale del brano:
“Sono sempre la ragazza
Che per poco già s’incazza
Amarmi non è facile
Purtroppo io mi conosco
Ok ti capisco
Se anche tu te ne andrai via da me
Col cuore ti ho spremuto come un dentifricio
E nella testa fuochi d’artificio
Adesso vado dritta ad ogni bivio
Va bene sono pazza che c’è, che c’è
Io sono pazza di me, di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io, faccio da sola, da sola
E sono pazza di me
Sì perché mi sono odiata abbastanza
Prima ti dicono basta sei pazza e poi
Poi ti fanno santa
Io cammino nella giungla
Con gli stivaletti a punta
E ballo sulle vipere
Non mi fa male la coscienza
E mi faccio una carezza perché non riesco a chiederle
Col cuore ti ho spremuto come un dentifricio
E nella testa fuochi d’artificio
E se in giro è tutto un manicomio
Io sono la più pazza che c’è, che c’è
Io sono pazza di me, di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io, faccio da sola, da sola
E sono pazza di me
Sì perché mi sono odiata abbastanza
Prima ti dicono basta sei pazza e poi
Poi ti fanno santa
Scusa se ti ho fatto male
Forse non sono normale, è un forse
Io sono pazza di me, di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io, faccio da sola, da sola
E sono pazza di me
Sì perché mi sono odiata abbastanza
Prima ti dicono basta sei pazza e poi
Poi ti fanno santa.”
Il ritornello parla chiaro e riporta il classico attacco contro le donne cosiddette irregolari, controcorrente, anormali, diverse, impossibili da controllare e gestire. Quel trattamento dicotomico insincero per cui prima, in vita, ti accusano di essere pazza perché non conforme agli standard sessisti della femmina mansueta, quindi sana di mente secondo il sistema maschile egemonico; solo dopo morta, quando non puoi più parlare e difenderti, ti fanno santa: il ritratto della vittima perfetta secondo il patriarcato.
È un’esperienza questa che viene spontaneo ricollegare alla vicenda personale e familiare della cantautrice, in particolare per quanto riguarda la sorella Mimì, passata alla storia come Mia Martini: la sfortunata Mia, la iettatrice Mia, la martire della musica leggera italiana dopo anni di superstizioso e crudele ostracismo sociale che, forse, la portò infine una morte prematura e per certi versi ancora misteriosa.
Ha sofferto tanto Loredana Bertè, come sorella spezzata e come donna sopra le righe.
All’interno del testo vediamo quindi il risultato di un lavoro introspettivo e autocritico: la donna Loredana che comprende come il suo carattere non sia facile per il (o i) partner e che per questo potrebbe risultare folle, potrebbe ritrovarsi sola per questo, ma la solitudine non viene condannata nel testo. La metafora della giungla riporta a una libertà ferina che si rispecchia nello spirito indomito e orgoglioso della protagonista.
Una cosa è certa: Loredana Bertè è sempre un passo avanti, non solo nella musica e nella sua espressione, umana, estetica come anche politica.
Paladina dei diritti delle persone emarginate, in particolare della comunità lgbtqiapk+ – ricordiamo il suo sostegno per l’ormai defunto Ddl Zan e il suo schierarsi a favore della comunità transgender* nel 2021 durante il Transgender Day of Remembrance (TDoV) – Bertè prometteva bene e non ha affatto deluso le aspettative.
Grazie Loredana, per essere come sei sempre.