Dopo l’Impero romano, le famiglie italiane ricordano gli anni ’60 come il momento di massimo splendore per l’Italia, in particolare per Roma, la capitale.
Una città semidistrutta rinasce dalle proprie ceneri; la bellezza antica di Roma, mescolata all’ottimismo di chi vuole lasciarsi la guerra alle spalle, diventa un’irresistibile esperienza da vivere: è la dolce vita.
Com’era effettivamente vivere in questi anni?
Anni interessanti-Momenti di vita italiana 1960 – 1975, mostra presentata al Museo di Roma in Trastevere, intende dare una lettura scevra dell’ammirazione nostalgica che permea la narrazione e la mediatizzazione degli anni ’60.
La mostra utilizza foto da archivi storici di varie città italiane, tra cui l’istituto LUCE. Le foto sono scattate da fotoreporter, altra figura mitologica della dolce vita, abitanti e spettatori rapaci di quegli anni. Le foto raccolte erano spesso quelle che venivano scartate dalle agenzie, ma conservate in caso potessero tornare utili in un secondo momento.
La sensazione guardandole è che forse non catturassero pienamente l’immagine ideale di quegli anni; i divi, l’abbondanza, la gloria. L’intento della mostra è quindi quello di farci riflettere su un tessuto sociale complesso e critico, stimolandoci a riconsiderare preconcetti e immagini stereotipate.
Dalle foto emerge sicuramente il ritratto di un paese felice, ma questa felicità, più si procede, più risulta fine a sé stessa. Un clima di festa che comincia a diventare sempre più incomprensibile, alla luce di un paese che non risulta procedere verso una qualche direzione.
La maggior parte delle foto ritraggono gruppi, ma le foto di singoli colpiscono perché inspirano una grande tristezza: Tenco, Pertini, Aldo Moro, alcune delle figure che non sembrano prendere parte a questo festeggiamento continuo.
Sono anni di grande fermento politico. Il fermento, dalle foto, emerge, il problema è che non riesci a distinguere le riunioni di partito dalla massa di foto mondane. La sensazione è infatti quella di un’epoca che aveva una forte tendenza a organizzare “occasioni di confronto”, per parlarsi addosso, concludere poco e mangiare tanto. In effetti, le riforme giungeranno più tardi, a quel punto arrivate a scoppio fin troppo ritardato.
Le figure che vediamo di più sono operaie e lavoratrici. La prima foto che ci accoglie è infatti quella di una benzinaia, che ci guarda sorridente appoggiata ad un distributore. Ci sono operaie, intente a lavorare in fabbrica; sarte sedute a cucire nei laboratori della Rinascente, mentre una fila di uomini dirigenti sfila accanto loro, l’etichetta recita “Le donne cuciono, adattando alle misure dei clienti. Gli uomini passano.” Ci sono modelle, concorrenti di Miss Italia; ci sono Natalia Ginzburg e Dacia Maraini sedute accanto a Moravia; la “signora” che accompagna Kirk Douglas, senza nome. La stessa Sophia Loren, la vediamo in una foto, in treno mentre firma autografi, con un’aria abbastanza stressata-non la diva, ma l’attrice.
Questo corpo sociale, complesso e variegato, è lo stesso che ritroviamo nelle foto che ritraggono le piazze in rivolta.
Cominciano infatti le foto sulle proteste; io stessa mi aspettavo foto di giovani “fricchettoni”, come Ruggero in un Sacco Bello. Invece no, quello che vedo sono persone “anziane”, adulte, insieme a giovani, in piazza a rivendicare il loro diritto ad esistere, in questa realtà che sembra averli dimenticati: donne, operai, persone con disabilità.
Quello che intendo dire è che a freddo realizzare che il ’68 non fu solo una lunga protesta studentesca è scontato. Meno scontato è scardinare convenzioni culturali.
La mostra instaura un dialogo attivo con il suo pubblico, giocando con l’immagine che le persone hanno di quegli anni. Un richiamo a valori e principi condivisi, uno stimolo alla memoria collettiva, che tocca anche la percezione della nostra contemporaneità.
Ci parla di una società complessa, contraddittoria e piena di problemi; una società molto simile alla nostra. Passato e presente diventano delle categorie soggettive, nel momento in cui ti rendi conto che, forse, non c’è mai stato un reale “prima” o “dopo”, ma parti sociali che si tormentano sempre nel tentativo di comprendere come vivere insieme.
Foto dalla mostra: Autore non indicato I laboratori della Rinascente Milano, 1960 Le donne cuciono, adattando gli abiti già fatti alle misure delle clienti, Gli uomini passano.