Dall’osservatorio delle Contemporanee, una realtà che può contare ormai un ampio e diffuso network di donne, uomini e alias, notiamo una preoccupazione crescente rispetto alla chiusura di questo Governo nei confronti delle famiglie lgbtqia+ e idee poco chiare su come aiutare concretamente il nostro tasso di natalità stagnante e decrescente. Emerge nelle nostre chat, nei commenti e nei messaggi diretti che giungono via social ed email. É emerso forte e chiaro, vista la partecipazione che abbiamo registrato, durante gli incontri dedicati specificamente a questi temi.
Molto partecipati gli eventi di marzo per Obiettivo 5 in Sapienza e un bel pienone anche il recente evento che abbiamo organizzato a Spazio Sette a Roma dal titolo “Famiglie e politica, come ci cambiano la vita “con la giornalista Bloomberg e autrice Chiara Albanese, con la giornalista de La Stampa e autrice Simonetta Sciandivasci, con la straordinaria Emma Bonino, la determinata Susanna Camusso, la ficcante giornalista Flavia Fratello e il bravo Massimiliano Valerii, Direttore del Censis.
In quella occasione i temi legati alla genitorialità o meno, agli stereotipi sulle donne e al concetto stesso di maternità, sono stati al centro del dialogo che ho avuto il piacere di moderare. Una sala piena di oltre 100 persone di un sabato pomeriggio di ponte romano, è in qualche modo una ulteriore dimostrazione che anche se la politica si occupa male di tutto questo o non se ne occupa affatto (a fasi alterne, da decenni) le questioni vengono ritenute sempre più centrali e sono oggetto di dialogo e scambio tra le persone, con amici, parenti, conoscenti.
In quella occasione abbiamo commentato una attualità politica prevedibile e asfittica proprio su questi aspetti del nostro vivere. Abbiamo ragionato su domande aperte e strumenti a disposizione per consentire a chi non vuole figli di vivere serenamente la propria esistenza senza stigma sociale e a chi ne vuole, qualsiasi sia la composizione familiare o anche in solitudine, di poter affrontare questo viaggio importante senza zavorre. Ciò che è emerso dal nostro dialogo romano di alcuni giorni fa e quel che emerge sempre più dai nostri/vostri discorsi è che il tema figli/figlie ci riguarda tutti, indipendentemente dal fatto che si intenda divenire genitori o meno.
Questi piccoletti o piccolette che vengono al mondo, a volte in modo desiderato, altre volte nella sorpresa, altre ancora malamente, non sono figli e figlie di chi li fa, ma sono figli e figlie di noi tutti/e. Per questo forse ci colpiscono le notizie di neonati lasciati in ospedale con lettere strazianti di madri biologiche che non potendo garantire un futuro degno al nuovo arrivato, compiono il più grande gesto d’amore che esista: la rinuncia e il dono. In un mondo come quello di oggi i figli e le figlie sono di tutti perché non si va avanti in alcun modo, con o senza prole, se non si ha una rete intorno a sé. Genitori, zie e zii, cugini, amiche e amici, servizi di cura e assistenza. Questi piccoletti e piccolette sono di noi tutti/e. Proviamo, quando possiamo, a essere utili con chi arranca, con famiglie in difficoltà.
Poi ovviamente deve esserci lo Stato, con i suoi servizi. E ci arriviamo tra un attimo.
Ma intanto teniamo bene a mente che la parità in ogni senso possibile tra generi e persone è la chiave di volta per ogni tipo di obiettivo. La ripresa demografica passa per una inclusione delle donne nel mercato del lavoro e nella vita produttiva di un Paese, come ormai noto in qualsiasi studio accademico su crescita e sviluppo.
Lo stesso dicasi su diritti civili e lgbtqia+. Non ci sono vantaggi né etici, né morali, né sociali, né economici nell’escludere persone che amano e vogliano veder riconosciuti dei diritti per sé e per la famiglia che desiderano formare.
Non c’è sviluppo, civile e sociale, non c’è neppure crescita economica senza diritti uguali per tutti e senza un equilibrio tra generazioni, in grado di mantenere in piedi lo stato sociale, la previdenza, il lavoro. In Italia a stento siamo riusciti ad avere le unioni civili nel 2016; il prossimo anno “festeggeremo” 20 anni della legge 40, la più liberticida in Europa sulle tecniche di procreazione assistita, una legge che ancora vieta anche a coppie di donne o a donne single di accedere nel nostro Paese alla fecondazione eterologa o all’analisi pre impianto degli embrioni.
Siamo molto scarsi sui servizi di cura e assistenza per bambini e non autosufficienti e abbiamo un tasso di occupazione femminile bassissimo, preoccupante anche secondo la Premier Giorgia Meloni. Tutte vogliamo studiare, lavorare, fare esperienze diverse. E così naturalmente e forse perfino giustamente si tende a mettere al mondo figli più tardi o ci si inizia a provare quando la biologia non lo consente più.
A questo cambio di costumi, di stili di vita, di affettività, di organizzazione delle famiglie di ogni tipo, all’evidenza di una società che è profondamente cambiata, la politica, di ogni colore, ormai da decenni, continua a fornire risposte insufficienti e pochi strumenti giuridici e perfino scientifici.
Oggi i temi delle libertà civili e delle famiglie tornano al centro del dibattito politico, con differenze più nette. Vedremo a cosa porterà. Per ora nulla di buono.
Come possono cambiare le cose in meglio se si nega l’evidenza e si continua a dividere persone, famiglie, diritti, figli, a compartimenti stagni?