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Lettera al terzo figlio

Cosa significa “un terzo figlio”, in un’epoca fortemente influenzata dai pregiudizi, dagli stereotipi e dagli ostacoli di carattere socio-economico e culturale? Lo racconta al piccolo Luka la sua mamma, Klodiana Beshku, in uno spaccato di realtà permeata dal giudizio ma che non deve mai tarpare le ali alla nostra libertà

Caro Luka,

prima di tutto ti devo dire che per me tu sei bellissimo e prezioso. Tu rappresenti il sogno avverato di tutti i genitori. Non credo che ci sia mai stato un genitore che, dopo aver avuto due bimbi/e meravigliosi/e, non abbia avuto -almeno per una volta- il desiderio di averne un altro/a. Tutto in questo mondo ormai va incontro a questo desiderio: l’insicurezza del nostro tempo che è passata dal Covid e va alla guerra in Ucraina e a Gaza, guerre che hanno portato l’esasperazione in tutto il mondo. È proprio questa coscienza moderna, di vivere come sopra un flusso -di sicurezze, punti fermi, contratti di lavoro, fondi di denaro, sentimenti e realtà- che ci ha rubato la possibilità di un terzo, quarto, quinto figlio. Una possibilità che le generazioni antecedenti hanno avuto come frutto della sovrapposizione dei sentimenti sulla ragione. Ebbene no, noi viviamo in un’epoca dove la ragione e i calcoli prendono il sopravvento sui nostri sentimenti e i desideri.

Nonostante ciò, noi ti abbiamo avuto. Come un grido di protesta in un mondo pieno di paure che ti porta alla necessità di calcolare tutto, di essere strategici per arrivare ai propri obiettivi, alcuni dei quali accomunano la maggior parte della gente della nostra epoca; la carriera, i soldi, la gioventù eterna ed il self-realization, ora trasformatasi in una fissazione per la body performance. Quindi, anche se sarà difficile per te immaginarlo, tu sei nato in mezzo ai pregiudizi. Pregiudizi riguardo la mia età (un po’ avanzata per avere un figlio), riguardo al fatto di essere un terzo figlio in quanto ne avevamo già due, di essere un maschietto dopo altri due maschietti (per alcuni, se fossi stato una femminuccia, allora sì che ne sarebbe valsa la pena) ed altri pregiudizi, espressi e no, per i quali sei ancora non maturo abbastanza per capire.

E così, Luka, ancora nel 2024 il mondo è sempre un Paese. Noi donne veniamo giudicate se abbiamo tre o quattro figli, se ne abbiamo due femminucce o due maschietti, se non abbiamo figli per niente o se li abbiamo adottati. Il modello accettabile è solo uno: due figli, un maschietto e una femminuccia praticamente l’immagine perfetta di famiglia della pubblicità Barilla. Tutto il resto non va bene. Figuriamoci se parlassimo di famiglie con genitori dello stesso sesso. Il mondo va avanti da decenni basandosi su modelli e templates che con il tempo possono cambiare, ma rimangono piuttosto delle stampe invariabili di giudizio. Questo non lo dimenticare mai, ragazzo mio. Anche dopo il 2024 tu sarai in lotta per affermare il tuo di modello. Cerca di farlo e di non essere intimidito dagli altri.

Ricordati sempre che la vita è un dono prezioso e va vissuta con amore, passione, dedizione e un tocco di umorismo e sportività, se non ci viene disegnata o tagliata su misura degli obiettivi del tempo. Ora, in un momento in cui ho avuto tanta paura di perderti ti dico: benvenuto fra noi, piccola e grande forza della natura!

LA PAROLA A VOI

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CONTRIBUTOR

  • Klodiana Beshku è docente di Movimenti Politici e Sociali presso l'Università di Tirana e Visiting Fellow all'Istituto Universitario Europeo a Firenze. Vive fra Tirana e Firenze ed ha una passione per i viaggi e per la lettura, sopratutto quella femminista. È coordinatrice del Feminist Book Club in Tirana.

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