Si sente spesso parlare di un fenomeno digitale denominato Incel, ma davvero poche persone attraversano il muro di pregiudizio dato dalla copertura mediatica orientata verso una strumentalizzazione generalizzata e superficiale. Chi sono gli Incel? Quando e come nasce il fenomeno? Rappresenta davvero un pericolo per la comunità femminile e non solo? E soprattutto, come si può porre una soluzione all’odio e allo stupro virtuale inflitto da questi uomini? Per non parlare delle stragi di massa?
Partiamo dal nome. Gli Incel, crasi da INvoluntary CELibate, sono uomini che non hanno una vita sessuale attiva e che condividono esperienze e frustrazioni sessuoaffettive su internet. Nascono come gruppo virtuale di supporto nei primi anni duemila e inizialmente comprendeva persone di tutti i generi. Come ci ha tenuto a ricordare l’ideatrice, una 40enne canadese conosciuta con il nickname “Alana”, mai avrebbe immaginato che un forum di condivisione e supporto si sarebbe trasformato in un girone misogino infernale.
È necessaria una premessa fondamentale: gli Incel non sono tutti uguali, non tutti palesano aggressività o odio di genere. Molti usano le piattaforme per socializzare, condividere la propria solitudine e trovare supporto e affinità. Dichiarare il contrario equivarrebbe a mostrare un ritratto ridotto e impreciso del fenomeno, che però è risultata una tentazione troppo ghiotta per i media internazionali affamati di notiziabilità. Nove volte su dieci i veri soggetti di attenzione da parte di giornali e forze dell’ordine rientrano nella sottocategoria Redpill. Sono i Redpillati, o Redpillatori. Se vogliamo usare una facile italianizzazione.
La terminologia è dichiaratamente ispirata alla pillola rossa del film Matrix, dove la medesima rappresenta il risveglio e la conseguente presa di coscienza sulla presunta crisi occidentale provocata dall’influenza malefica di donne e uomini belli e di potere. Sulla stessa linea vaneggiano anche i BlackPill, esempio ancor più estremo di nichilismo e misoginia, oltre che i maggiori responsabili delle stragi di massa nei confronti di donne negli Stati Uniti. Ma ci arriveremo.
I Redpill sono quindi autori di una pseudofilosofia complottista secondo cui il mondo sarebbe oramai interamente dominato e portato al macero da due modelli sociali: quello che loro chiamano il Chad, l’uomo bellissimo, ricchissimo, che scopa tanto, e le NP, acronimo di No People, termine disumanizzante con cui definiscono le donne. Esiste poi lo Zerbino, l’uomo che si piega alla supremazia femminile nella società solo per poter avere rapporti sessuali, rinunciando così alla dignità di maschio alpha. Infine ci sono i BV, i Brutti Veri, in cui rientrano gli stessi Incel. I Redpill si considerano troppo brutti per essere notati, spesso a torto, e tale frustrazione ha dato vita a una visione della realtà, ahinoi completamente distorta, in cui se sei bello – quindi ambito dalle NP – non avresti bisogno di stuprare. Avete letto bene.
Ma perché tanto odio nei confronti delle donne? In questa visione del mondo solo tre cose conterebbero: Look, Money e Status (LMS). Le NP sarebbero il male assoluto: interessate, superficiali, stupide, avide di denaro, sadiche, e per questo, a loro dire, meritevoli di venire rinchiuse in lager per essere stuprate a morte. Tutto semplicemente perché negherebbero il sesso agli Incel, un diritto che gli stessi rivendicano, ignorando completamente il consenso femminile. Da qui il desiderio di vendicarsi e punire chi esercita l’autodeterminazione. Se mi neghi il piacere significa che mi neghi l’identità di maschio alpha agli occhi di tutti, allora ti punisco, e lo faccio togliendoti prima l’umanità e poi – nei casi estremi – la vita.
Le femministe sono particolarmente odiate perché, a loro modo di vedere, sarebbero le principali responsabili dell’emancipazione femminile, quindi, del diritto a dire NO a un rapporto sessuale. Un recente caso è stato quello riguardante il 22enne Andrea Cavalleri, l’Incel di Savona che nel 2021 progettò una strage di femministe, sventata in tempo da un arresto lampo eseguito dalla Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali. Durante la perquisizione, la Digos rinvenne materiale neonazista e chat con discorsi antisemiti e misogini.
Come abbiamo detto, Internet si è rivelato terreno di caccia e rifugio per il cameratismo di questi soggetti. Nei forum e nei gruppi Telegram, i Redpill si riuniscono per giudicarsi e giudicare fisicamente le NP tramite una scala da 1 a 10. Prima vieni valutata e se superi un certo tot allora puoi essere presa in considerazione per uno stupro virtuale: fantasie sadiche espresse nei dettagli più macabri, in cui non sei una persona ma un sacco da box, una pattumiera per frustrazioni maschiliste, un manichino da usare.
Se poi hai la sfortuna di avere una disabilità, e/o un corpo non conforme, il body shaming è assicurato. Sei una CO (Cessa Obesa) e meriteresti di morire più di tutte le altre, e gli inviti al suicidio si sprecano. Inutile dire che il voto 10/10 non è mai stato raggiunto da nessuna, nemmeno dalle star del cinema, e che le lesbiche e le donne trans non vengono minimamente prese in considerazione. Il sesso così inteso è quello fallocentrico eterosessuale. Punto.
I Redpillati salgono alla ribalta dopo anni di ombra quando in USA iniziano le prime stragi misogine. La più nota è quella avvenuta nel 2014 ad Isla Vista per mano di Elliot Rodger, trasformato in eroe e venerato come modello da emulare. Rodger è l’esempio perfetto delle contraddizioni dietro la teoria Redpill: era un ragazzo abbiente e di una bellezza multi-etnica, che però era eccessivamente timido, introverso e viziato. Invece di lavorare su se stesso assieme ai suoi terapisti e risolvere cosa non andasse, decise di lanciare un ultimatum alle donne della sua università tramite un video caricato su YouTube: se fosse rimasto ancora vergine a 22 anni le avrebbe punite per l’affronto. Il bilancio del suo “day of punishment” conta 6 morti e 14 feriti. Ammiratore di Rodger fu anche Alek Minassian, autore nel 2018 del massacro di Toronto. Entrambi gli assassini si sono suicidati prima dell’arresto.
Ma scavando più indietro, prima ancora della nascita del fenomeno, si riscontrano drammatiche analogie con il caso della strage all’École Polytechnique de Montréal, in Canada, nel 1989, considerato il primo femminicidio di massa della storia contemporanea. Lo studente Marc Lépine, frustrato per la sua incapacità a relazionarsi con le ragazze e fomentato da ideologie di estrema destra, decise di recarsi armato al Politecnico e di ammazzare quante più donne possibili. Per lui era inaccettabile che le femministe invadessero l’ambiente accademico STEM sottraendo spazio agli uomini. Prima di uccidere 14 studentesse e suicidarsi anche lui, Lépine scrisse una lettera per “argomentare” le sue frustrazioni.
Ora che abbiamo visto chi sono e come agiscono i Redpill, bisogna capire come prevenire, per quanto possibile, casi di violenza. È impossibile farlo senza analizzare quella che si rivela a tutti gli effetti come l’ennesima crisi della mascolinità tossica. I Redpill, a cui è stata negata una cultura del consenso e un’educazione alla differenza e al femminismo, vedono i cambiamenti sociali come uno spaesamento vertiginoso e privo di controllo; si chiedono come mai la società non segua i loro bisogni e allo stesso tempo li spinga a seguire una pseudo normalità fatta di tappe e ruoli binari precisi. Per questo si affidano a ideologie conservatrici ed estremiste, più in linea con le loro aspettative esistenziali.
Le donne vengono intese come oggetto di soddisfacimento edonistico e ai loro occhi perdono il diritto di esercitare libertà di azione e di autodeterminare la propria sessualità. Scontrarsi con un mondo che piano piano assicura alle stesse il diritto di negarsi, frustrando così il desiderio malato e l’egocentrismo di certi soggetti, complice anche l’alienazione e il cameratismo accessibile nei gruppi digitali, spinge a superare il confine della legalità e a procedere con la CNC (condivisione non consensuale di materiale intimo), con le minacce, con la valutazione numerica al pari di un pezzo di carne.
Si biasimano paradossalmente le donne di superficialità nella scelta dei partner, ma non si procede, di contro, a un’autocritica su come i Redpill valutino le medesime. Si critica, insomma, il soggetto accusato di agire una valutazione messa però in atto dallo stesso accusatore. Nessuna donna con un minimo di autostima andrebbe con un uomo che non solo la sfrutta, ma che la disprezza apertamente, ripetendo che lui avrebbe il diritto di fare sesso, e lei, in quanto essere inferiore, non potrebbe negarglielo. È un ragionamento infantile, immaturo e tipico di chi arriva a rifiutare il mondo esterno, magari troppo caotico e percepito come ostile, quando invece è semplicemente progredito.
Purtroppo è molto difficile provare a far ragionare chi trova più confortevole una realtà semplice come quella delineata da un complotto – con la pandemia ne abbiamo avuto prova su più fronti. I Redpill e in particolare i Blackpill, per i quali non vi sarebbe speranza di riconquista della supremazia e quindi tanto meglio commettere stragi facendola finita, sentono che il mondo avrebbe oramai ingoiato la pillola blu dell’illusione. Loro sono i privilegiati, di mente superiore ma di aspetto carente, che invece hanno sondato la profondità della tana del Bianconiglio. Non hanno bisogno di altro, solo di lamentarsi e di fomentare a vicenda il proprio odio delineando un profilo del nemico ideale.
Nel 2021 sono stata vittima di stupro virtuale da parte di un gruppo di Redpill. Ho dovuto studiare chi mi aveva fatto una violenza simile per capirne il perché, le motivazioni intrinseche e la risposta che ho trovato è risultata tristemente banale: il privilegio offerto dalla mascolinità egemone è l’unica sicurezza a cui certi soggetti si aggrappano per sfuggire all’incertezza offerta da un futuro da loro mai sperimentato prima, ovvero quello paritario. Non hanno altro, o meglio, credono di non avere altro, oltre alla loro identità, ai vantaggi con cui sono cresciuti e soprattutto alla cultura dello stupro. Quello che possiamo fare ora è costruirne una, di cultura, in grado di scoraggiare simili fenomeni; fondata sul consenso, sul rispetto e sulle differenze intese come arricchimenti, e non come minacce. Nel 2022 non possiamo più permetterci simili involuzioni. Lo dobbiamo alle vittime.
Fine
2 Responses
Chi è favorevole all’aborto non ha MAI ragione su nulla. Fine.
“Le femministe sono particolarmente odiate perché, a loro modo di vedere, sarebbero le principali responsabili dell’emancipazione femminile, quindi, del diritto a dire NO a un rapporto sessuale. ”
Le femministe non vengono criticate quando affermano che una donna possa dire No a un rapporto sessuale, ma quando pretendono di dire No anche per talune altre donne, senza che queste glielo abbiano chiesto (nella fattispecie prostitute non forzate, punendo direttamente i clienti). E’ su questo punto delicatissimo, sulla libertà di pensiero e di coscienza, che le femministe mostrano il loro volto dispotico. Le femministe affermano di legittimare il sesso quando esso è consensuale, e, allo stesso tempo, pretendono di stabilire quali siano i parametri del consenso: ed è molto semplice capire quali essi siano. Tutto ciò che remi contro l’ideologia femminista è da condannare, il resto no. Beh, le teocrazie non si comportano diversamente. Se il femminismo fosse veramente un’ideologia umanitaria, e non dispotica, prenderebbe come parametro di riferimento del consenso la regola aurea anziché la regola della sopraffazione. Vale a dire, in un paese civile, applicando la regola aurea, ad ogni diritto del singolo, riguardante la vita e/o l’intimità della persona, corrisponde un dovere del singolo, e il dovere del singolo è subordinato alla sua, e soltanto alla sua, obiezione di coscienza (nessun altro deve arrogarsi il diritto d’imporre tale obiezione).
Tu, donna, vuoi fare la prostituta e soddisfare il bisogno di qualcuno? Nessuno deve impedirtelo, né punendoti direttamente, né punendoti indirettamente colpendo i clienti. Non vuoi fare la prostituta? Nessuno deve obbligarti.
Basterebbe riflettere su questo per comprendere quanto il femminismo desideri uno stato etico (secondo i propri parametri) anziché laico.