Il 23 gennaio, il risultato del lavoro promosso dal Gruppo Donne Imprenditrici di Confimi Industria, dal media civico Le Contemporanee e da altrettanti enti sottoscrittori del Manifesto è approdato al Parlamento Europeo. Il Manifesto ‘Start We-Up’, finalizzato ad individuare una definizione coerente ed univoca, nonché a normare l’imprenditoria femminile, è stato accolto dalla vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, “come un tema centrale non soltanto per l’Italia, ma per l’intera Europa. Quando le donne scelgono di lottare, la conseguenza diretta è infatti il miglioramento delle condizioni complessive dell’intera società.”
Mentre, la direttiva Ue sulla parità di genere prevede entro luglio 2026 una quota fissa nei CdA delle imprese quotate, ancora mancano, infatti, le definizioni per una proposta di legge europea unica di impresa di donne.
“Ma l’imprenditorialità femminile è al centro della nostra Unione Europea – Ha ricordato Vincenza Frasca, presidente del Gruppo Donne Imprenditrici di Confimi Industria “e crediamo, perciò, che il Parlamento Europeo possa assumere la funzione di un autorevole persuasore per l’approvazione di un’apposita risoluzione”.
Il Manifesto ‘Start We-Up’, patrocinato da Unioncamere e dal Ministero delle Imprese e del made in Italy, è stato presentato per la prima volta nel maggio 2023 ed è arrivato a Bruxelles a pochi mesi dalle elezioni europee.
“La latenza di una definizione univoca di impresa femminile- Ha ricordato Valeria Manieri, co-founder del Mediacivico Le Contemporanee, tra gli enti promotori del Manifesto Start We Up –comporta difficoltà oggettive di misurazione, falsando la concorrenza rispetto all’accesso ad alcuni fondi,e fa insorgere problematiche per gli incentivi da paese a paese che spesso approfittano di normative vaghe e concessive. Nel Mercato unico, ogni Paese ha una propria definizione e proprie regole di incentivazione, certo; ma questa frammentazione mina il concetto di concorrenza e non facilita la definizione di buone pratiche.”
Di qui, le sei proposte codificate dal Manifesto per rafforzare l’imprenditoria femminile a livello nazionale ed europeo:
1. L’individuazione di una definizione europea di impresa femminile (con un sistema di monitoraggio periodico della sussistenza dei requisiti), con incentivi alla creazione di imprese, agevolazioni fiscali sul costo del lavoro e crescita dei salari;
2. Un aumento dei fondi a disposizione, “sia a livello nazionale che regionale”, destinati all’impresa femminile nell’ambito del Pnrr, sostenendo “tagli del cuneo fiscale contributivo e l’introduzione del salario minimo”;
3. Segue anche un aumento dei servizi con meccanismi virtuosi pubblico/privato: 4,6 miliardi di euro destinati ad asili nido pubblici e fondi aggiuntivi destinati al finanziamento di voucher per i servizi di assistenza e di cura, mirati alla conciliazione della vita familiare con il lavoro (in particolar modo femminile);
4.Indispensabile, inoltre, l’individuazione di criteri per l’accesso a bandi pubblici da parte di imprese private, coaudiuvati da coerenti interventi di monitoraggio;
5. Entro il 2026, centrale appare inoltre l’azzeramento del gender gap relativo all’accesso a Internet e alle competenze digitali di base, così come l’incremento dell’occupazione femminile nel settore delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic) , ed il raggiungimento del 45% di donne presenti nei CdA di imprese quotate; del 40% nei Cda di imprese private e pubbliche non quotate e del 35 in posizioni apicali;
6. In ultimo, il Manifesto non tralascia le politiche attive del lavoro e l’autoimprenditorialità, ai fini di incentivare la creazione di un “prototipo replicabile” dedicato specificamente alle donne che vogliano costruire un’impresa; ma che sia in grado di dialogare efficacemente anche con “università, aziende ed enti del terzo settore“, in qualità di modello virtuoso.
Di qui – come ricordato con pertinenza dalla presidente di Conflavoro Pmi Impresa Donna, Laura Baldi – il bisogno di costeuire un Manifesto “scritto dalle donne; ma non destinato esclusivamente alle donne“ in grado di favorire, finalmente “la rottura di quel tetto di cristallo.”
“Accendiamo l’Imprenditoria Femminile” è il monito appositamente scelto, del resto, quale sottotitolo del Manifesto Start We Up. E dopo il 23 gennaio – benchè un lungo cammino, ancora, si prepari – appare del resto innegabile non risolversi a considerare che una luce nuova, in Europa, si sia accesa per davvero.