le opinioni

Non sono lacrime, sono stelle cadenti. Avremo sempre Michela Murgia

Michela Murgia ci ha lasciat* la sera dell’11 agosto all’età di 51 anni. La scrittrice non ha bisogno di presentazioni. Autrice di titoli di successo – Stai Zitta, Il mondo deve sapere, Tre ciotole, Accabadora, God save the queer e Ave Mary, solo per citarne alcuni – si è distinta per via della sua profonda introspezione su temi quali la vita, problematiche sociali e femminismi con uno stile unico, chirurgicamente chiaro e coraggioso.

La sua ultima intervista al giornalista Aldo Cazzullo per il Corriere, pubblicata il 6 maggio scorso, aveva profondamente scosso le coscienze di chiunque abbia avuto a che fare anche solo indirettamente, con la patologia di cui lei stessa soffriva: un tumore al quarto stadio. Murgia aveva annunciato di essere malata oncologica e di avere davanti a sé “mesi di vita”; non “pochi” mesi di vita, come è stato erroneamente riportato da alcuni giornali affamati di notizie a posteriori.


Nel suo caso, un fatto sorprende e le va riconosciuto. Rileggendo l’intervista di Cazzullo, emerge un profondo spirito resistente e un’accettazione della sua condizione che poche volte è stato resa pubblica da altre persone malate, e in netto contrasto con un’altra linea di pensiero dove il cancro viene visto come un corpo estraneo da combattere. È infatti risaputo che la narrazione riguardo tale malattia è quella della lotta respingente ed essenzialmente negativa, quella che la maggior parte delle persone malate oncologiche sviluppa per reazione, per rifiuto verso un corpo estraneo perché capace di uccidere l’ospite.


Nel caso di Murgia, invece, tale rapporto sembra quasi antitetico. Vedeva il suo cancro come parte di sé, non artigliato a sé; lei era anche la sua malattia e aveva deciso di abbracciarla con serenità e con ammirevole pragmatismo, tanto da dare a essa addirittura un nome proprio. Corresponsabile di tale approccio è stata quasi sicuramente la sua profonda fede religiosa (avendo ella studiato teologia, ndr) di cui la sua opera letteraria è pregna.

Dichiarava di aver vissuto 10 vite durante l’arco dei suoi cinquant’anni e che nell’ultimo periodo della sua esistenza intendeva sposarsi con l’attore Lorenzo Terenzi; voleva circondarsi di persone che amava, una famiglia scelta che, specificava, sapevano cosa avrebbero dovuto fare. Il nome di Marco Cappato, attivista in prima linea per la battaglia per l’eutanasia, chiariva le intenzioni di Murgia più di tante parole, sempre tornando a quella che si è rivelata, ripetiamo, la sua ultima intervista.


Puntuali erano arrivati i messaggi di supporto, ma anche quelli di circostanza da parte dell’ambiente politico e intellettuale. Molti quelli di speranza, di dispiacere. Non si contano i cuoricini sotto il video, più recente, in cui Murgia si era fatta rasare i capelli a zero attorniata dalla sua famiglia, poco dopo aver assistito alla prima ciocca cadutale.
Forse, quello ad aver fatto più scalpore, è stato il messaggio inviatole da Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio aveva augurato alla scrittrice tramite i social di riuscire a vedere la fine del suo mandato perché, scriveva, sarebbe stato ancora lungo.

La motivazione dietro a tale puntualizzazione è forse spiegabile nel messaggio di Murgia all’interno dell’intervista a Cazzullo, che si concludeva così: “Non importa se non avrò più molto tempo: l’importante per me ora è non morire fascista”. Parole potenti, meravigliose, trasudanti forza sì ma anche resistenza, non solo un sereno stoicismo nei confronti della propria condizione.


Murgia ha rappresentato certamente l’intellettuale scomoda, la dissidente. Essendo una donna poi, e particolarmente attiva sui social, incarnava anche il bersaglio perfetto per la moltitudine di odiatori che ogni giorno le lanciavano insulti misogini e grassofobici, fagocitati anche da personaggi pubblici su cui i media televisivi contano per assicurare gli ascolti. Murgia era diventata LA Murgia, quella che si attaccava alle parole (alias, il sessismo nella lingua proiettato nel quotidiano), la femminista guastafeste, rabbiosa; mai comunque silente, riprendendo il titolo di un suo libro (Stai Zitta, ndr); quella che non accettava silenziamenti da nessun uomo. Anche l’amica di Roberto Saviano, che da fedele compagno di lotte le è rimasto a fianco sul letto di morte fino alla fine, pronunciando poi un toccante saluto durante le sue esequie. Sempre durante il funerale presso la Chiesa degli artisti in Piazza del Popolo il giorno successivo, sono intervenut* anche il professore Alessandro Giammei, il marito, seguito dalle amiche di sempre, le colleghe Chiara Tagliaferri e Chiara Valerio, quest’ultima per il suo ultimo saluto ha scelto di parlare di Murgia utilizzando il tempo futuro prossimo. Domani risplenderà Michela Murgia, domani pioverà Michela Murgia.


La scrittrice in questi anni di intensa attività aveva parlato di femminismo e cattolicesimo, di queerness e antisessismo. E volendo anche noi Contemporanee sposare il tempo scelto da Valerio, siamo sicure che continuerà a farlo attraverso i libri da lei scritti, mentre i suoi innumerevolj atomi fluttueranno nello spazio infinito per sempre.

Attraverso le sue parole serene e cariche di lucidità ha fornito un insegnamento importante: che la vita è e può essere riempita dalla R-esistenza. R-esistenza intensa, positiva, proiettata verso un tempo finito sì, ma senza lotte intestine, né disperazioni sfibranti; col sorriso e la sorellanza.

Murgia sarà ricordata come la più grande intellettuale della sua generazione – parole della scrittrice femminista Giulia Blasi – che l’idea piaccia o meno a chi ancora oggi riempie le piattaforme social di insulti e insinuazioni irripetibili e che abbiamo scelto di non riportare.

È stata una donna complessa, una femminista che ha smascherato le problematiche culturali e sociali del paese con pungente intelligenza e senza mai contraddire i propri valori e le lotte per i diritti civili a cui si era votata. Dalle idee forse non sempre condivisibili, ma è questa la forza radicale del suo messaggio: c’è qualcosa che piace di più al Patriarcato di assistere a due donne che litigano, ed è assistere a due femministe che litigano. Lottiamo insieme quindi, idee convergenti o meno.

God save the Queer, Michela Murgia! Ti penseremo sempre al tempo futuro e continuerai a vivere nei nostri ricordi.

LA PAROLA A VOI

2 Responses

  1. Oggi 25 agosto a Perugia l’associazione LaAv/letture ad alta voce dedicherà un pomeriggio di letture di brani dai testi di Michela Murgia.

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  • Valeria Manieri

    Classe 84, esperta di comunicazione e politica, Cofounder de Le Contemporanee. Lavora da anni con Radio Radicale e collabora con diverse testate, tra cui Io Donna - Corriere della Sera, Il Foglio e Milano Finanza.

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  • Transfemminista, attivista lgbtqiapk+ e militante pro-choice, Lou è una persona transgender non binaria. Dopo la laurea in Beni Culturali ha iniziato a formarsi in gender studies, cultura queer, feminism and social justice. Ha conseguito un corso in Linguaggio e cultura dei CAV. Ha abbracciato la campagna "Libera di abortire" e collabora con diversi collettivi transfemministi. Fa attualmente parte di Gaynet Roma Giovani. È una survivor di violenza. Attualmente è content creator, moderatrice e contributor. Suoi obiettivi sono: continuare a svolgere formazione nelle scuole e diventare giornalista. 

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