Con una decisione storica, l’Eurocamera si è così espressa: a suo giudizio, il diritto all’aborto dovrebbe essere aggiunto alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Questo, l ‘esito della risoluzione che, approvata l’11 aprile con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, chiede a gran voce che la possibilità di abortire liberamente venga accolta tra i diritti fondamentali dell’Ue, provvedendo quindi a modificare il testo della Carta all’Articolo 3. I deputati – come ribadito dal sito ufficiale dell’istituzione europea: “condannano il regresso sui diritti delle donne e su tutti i tentativi di limitare o rimuovere gli ostacoli esistenti per la salute e i diritti sessuali e riproduttivi, e la parità di genere a livello globale, anche negli Stati membri dell’UE.”
La modifica richiesta al’articolo 3, sarà dunque necessaria a riaffermare che “ognuno ha il diritto all’autonomia decisionale sul proprio corpo, all’accesso libero, informato, completo e universale alla salute sessuale e riproduttiva, e ai relativi servizi sanitari senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale”.
Oltre a ciò, la risoluzione esorta i Paesi UE a depenalizzare completamente l’aborto, in aderenza alle linee guida dell’OMS del 2022, e a rimuovere e combattere gli ostacoli che ne minano l’accessibilità.
Di qui, un invito esplicito alla Polonia e a Malta ad abrogare le loro leggi e le misure che appongono a tale diritto limitazioni e divieti.
I deputati hanno inoltre espresso la loro ferma condanna, considerando che, in alcuni Stati membri, l’aborto è negato in prima persona dai medici, ed in alcuni casi da intere istituzioni , sulla base di una clausola di “coscienza”, spesso indifferente alla consapevolezza di mettere in pericolo, con il proprio rifiuto, la vita o la salute della paziente.
Infine, il Parlamento conclude la risoluzione con altri due importanti appelli: il suo auspicio che i metodi e le procedure di aborto possano divenire una parte irrinunciabile del curriculum, per medici e studenti di medicina, e l’invito alla Commissione Europea a garantire che le organizzazioni che operano contro la parità di genere, nonché contro i diritti delle donne (compresi, dunque, anche i diritti riproduttivi) non ricevano alcun finanziamento dell’UE.