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UNICA- Ilary Blasi. Come il doppio standard condanna a priori la donna

È uscito in concomitanza alla Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne l’attesissimo UNICA, documentario che ripercorre, tramite l’intervista alla conduttrice, modella e showgirl Ilary Blasi, la storia della sua rottura con il calciatore Francesco Totti.

Un prodotto firmato Netflix che ha subito catturato le aspettative di un pubblico già diviso tra chi difende a spada tratta il mitologico simbolo del calcio italiano nel mondo, e chi invece la showgirl, conosciuta, suo malgrado, principalmente per la sua relazione col primo che per il suo lavoro.

La storia viene raccontata quasi esclusivamente da Blasi e dalle donne vicine alla coppia. Non esiste un contraddittorio se non le parole dichiarate da Totti sui media e quelle riportate per bocca dell’ormai ex moglie.

Se da una parte tale scelta ha corso il serio rischio di apparire di parte – e lo è a tutti gli effetti – dall’altra è servita a chiudere un cerchio narrativo offrendo spazio a una donna che, secondo le sue stesse dichiarazioni, aveva molto da dire al pubblico; e non ha perso tempo, all’interno del documentario che la vede protagonista.

Avvisiamo che, procedendo nella lettura, ci saranno degli spoiler. Cominciamo.

Blasi parte dal punto di non ritorno, anno 2021, ovvero dalla crepa nel rapporto che avrebbe fatto scattare una reazione imprevedibile nel marito, rivelandone un lato purtroppo molto comune nei suoi congeneri, e tipico della mascolinità tossica di cui riportiamo le caratteristiche: insicurezza, esplosioni improvvise e immotivate di rabbia, gelosia ossessiva e malriposta, controllo, tradimento della fiducia tramite calpestamento della privacy e violenza psicologica.

Tutto, a quanto pare, per un caffè.

Perché Blasi, chattando assieme a un’amica, aveva proposto un caffè a uno sconosciuto; appuntamento che, parola di entrambe, non aveva avuto alcun seguito di natura più approfondita.

Ma tanto è bastato perché l’ex calciatore iniziasse a subissare la moglie con insinuazioni sulla sua infedeltà, colpevolizzazioni e recriminazioni varie, allontanandosi da lei per frequentare di nascosto l’attuale compagna, Noemi Bocchi.

Da qui il documentario fa un salto nel passato ripercorrendo la storia della coppia mitica, un rapporto ventennale di cui sappiamo la superficie, e ciò dovrebbe bastare: due carriere di successo, la famiglia che cresce, i viaggi, l’armonia di coppia e una normalità che fa sentire il pubblico appassionato ancora più vicino al nucleo Blasi-Totti.

Poi però è arrivata la Fine: il 2017, anno dell’addio di Francesco Totti al professionismo calcistico, avendo superato i quarant’anni. Il suo commosso discorso, accolto dalla folla tifosa in lacrime, lo abbiamo visto e ascoltato in tutta Italia.

Anche chi di calcio non si interessa, ha ascoltato quelle parole di ringraziamento più e più volte. È stato come dire addio a – parole di una voce presente nel prodotto Netflix – l’ottavo re di Roma.

E forse Totti ci si sentiva davvero, Re di Roma, per arrivare a credersi in diritto di chiedere quello che poi avrebbe chiesto a Blasi: un vero e proprio ricatto.

Per provare a ricostruire il rapporto, dopo essere stato scoperto lui a tradire per davvero la moglie – dopo mesi e mesi di negazioni e bugie, portando addirittura con l’inganno la figlia a casa della nuova compagna -Totti ha chiesto a Blasi di mollare tutto: libertà, contatti, lavoro, vita sociale. Solo così avrebbe perdonato quel caffè.

La risposta della conduttrice era scontata: NO.

La rottura è stato il passo conclusivo? Neanche per sogno.

A conseguire la decisione è stato un comportamento a dir poco infantile da parte dell’ex campione che sui giornali ha descritto Blasi come un’approfittatrice, una donna interessata e facile, una traditrice seriale -mentre di nascosto le rubava le scarpe.

Parole che non ti aspetteresti da una persona matura e rispettosa che si avvia verso i cinquant’anni. Forse più da chi sa di aver cominciato per primo coi tradimenti, tentando in ogni modo di discolparsi riversando tutte le responsabilità esclusivamente sulla donna che ha sposato e tradito.

Ed è qui che arriva forse il vero protagonista della storia, per lo meno da un punto di vista femminista: il doppio standard.

Doppio standard con cui è stata scritta, commentata, riportata, giudicata e data in pasto al pubblico – tifoso e non – la vicenda della coppia sfasciata.

L’amore per il mitico calciatore, simbolo di una Roma popolare che si riscatta, gente che addirittura si china per toccargli il piede destro quando lo incontra; Totti, quello delle barzellette, del linguaggio semplice, il pupone che trasuda carisma da ogni poro, che fa beneficenza per i bambini, ecco, lui è circondato da garantismo. Avrà forse sbagliato, ma è Totti dopotutto. Invece lei…

Lei no. Blasi è la moglie di Totti. E Totti non lo si può tradire. Come si fa a tradire uno così? No, sicuramente deve essere stata lei a cominciare per prima. Sicuramente è lei l’arrivista interessata ai soldi e ai rolex del marito (storia inventata da Totti per attaccare l’ex). Sicuramente è colpa sua.

Roma è una città pettegola:parole di un giornalista intervistato sulla vicenda (l’autor* del presente articolo può confermarlo, essendo nat* e cresciut* qui), tuttavia ciò non basta a giustificare una simile presa di posizione da parte della comunità romana. Sarebbe semplicistico.

Nel documentario si offre spazio alla voce popolare, e tutte e tutti, dal tassista alla venditrice al banco, pendono verso il calciatore condannando a priori la showgirl. Forse proprio perché showgirl, perché è bella, perché una così è per forza interessata, perché si è addirittura rifatta la faccia, perché è forse epidermicamente antipatica.

La ragione del doppio standard è duplice: perché Totti è e rimarrà un simbolo nazionale, e i simboli sono parte di noi, sarebbe come vedere un ideale crollarci addosso; e secondo perché Blasi è una donna, banalmente. All’uomo viene concesso di tradire, tacitamente anche di prendersela con la moglie, se la sospetta di tradirlo. Alla donna invece, secondo una logica pregna di misoginia, non viene concesso altro merito se non la fedeltà silente, l’essere sempre un passo indietro all’uomo, dipendente da lui, e anzi,completa in lui.

Siamo dopotutto in Italia, dove una percentuale pericolosamente alta di individui crede che la violenza, la donna se la vada in parte a cercare, comprese le corna, se le porta – usando una metafora popolare purtroppo sempre in voga.

Non ci sorprende affatto che l’ennesimo uomo fragile, seppur con un piede destro leggendario, si sia rivelato spaventato dalla libertà della moglie al punto di farle i dispetti, condurre una doppia vita e screditarla in pubblico dando per scontato che il suo potere avrebbe seppellito le proteste di lei.

Crisi di mezza età a parte, che comunque sempre viene perdonata quasi fosse un tratto fisiologico (ma solo del maschio!), quello descritto nel prodotto Netflix ci ripropone una storia già sentita: una relazione finita male, per di più tra due bianchi, ricchi, abili e ultra privilegiati, di cui la gente invidia la vita, e che dal 24 novembre ha sentito più umani e più vicini alle vite delle coppie ordinarie giunte al capolinea.

Alla fine del documentario UNICA ci ritroviamo a pensare a una crisi portatrice di rinascita. Blasi non è Totti, non entrerà nella storia per meriti straordinari. Grazie al Patriarcato verrà ricordata solo come la moglie di.

Non basta un documentario per affondare un mito o per superarlo in altezza, per lo meno quella della dignità.

Ma scommettiamo che la fama postuma non interessi a Blasi più di tanto. Che non le interessi più essere UNICA per un uomo, passato o futuro.

Con buona pace di Totti e dei suoi tifosi.

 © Image rights reserved to Netflix

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CONTRIBUTOR

  • Lou Ms.Femme 

    Transfemminista, attivista lgbtqiapk+ e militante pro-choice, Lou è una persona transgender non binaria. Dopo la laurea in Beni Culturali ha iniziato a formarsi in gender studies, cultura queer, feminism and social justice. Ha conseguito un corso in Linguaggio e cultura dei CAV. Ha abbracciato la campagna "Libera di abortire" e collabora con diversi collettivi transfemministi. Fa attualmente parte di Gaynet Roma Giovani. È una survivor di violenza. Attualmente è content creator, moderatrice e contributor. Suoi obiettivi sono: continuare a svolgere formazione nelle scuole e diventare giornalista. 

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