Manca ormai meno di un mese ai Referendum abrogativi, che l’8 e 9 giugno ci chiameranno alle urne per decidere che sorte avranno i quattro quesiti a tema lavoro, ed il quinto relativo invece allo snellimento delle procedure che regolano l’accesso alla cittadinanza italiana.
Stante il sondaggio Ipsos, pubblicato da Corriere della Sera, sorgono però forti dubbi circa il raggiungimento del quorum: solamente il 33% degli aventi diritto avrebbe infatti sostenuto di percepire come “importanti” i quesiti referendari. Parallelamente, avrebbero suscitato forte clamore le parole del Presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha dichiarato senza mezzi termini: “Farò propaganda affinchè la gente se ne stia a casa.”
L’astensione potrebbe tuttavia comportare una perdita di opportunità assai preziose: sia per i lavoratori autoctoni che per chi, già italiano di fatto, attende di poterlo essere anche su carta, per conquistare finalmente i diritti civili che ne derivano.
Perchè che cosa potrebbe cambiare, davvero, con il Referendum? Lo abbiamo chiesto ad alcune esperte del nostro network.
“L’attuale legge è sproporzionata e discriminatoria, perché impone agli adulti extracomunitari di attendere dieci anni per presentare la domanda, il doppio degli anni di residenza rispetto alle regole in vigore prima del 1992.” Ha osservato la giurista, attivista e scrittrice Rosanna Oliva.
“Il requisito dei dieci anni – infatti -penalizza gli stranieri che vivono stabilmente in Italia e danneggia anche le/i loro figli e figli minori.”
Senza contare che, di fatto, per i richiedenti cittadinanza rimarrebbero comunque in vigore i precedenti requisiti, previsti a norma di legge.
“Abbreviare i tempi per la domanda a cinque anni, senza toccare gli altri criteri, tra i quali reddito e conoscenza della lingua, ridurrebbe il lungo percorso oggi ostacolato da lungaggini burocratiche e avvicinerebbe l’Italia agli standard di altri Paesi europei.” Ha aggiunto Oliva -“Credo non sia stato abbastanza chiarito che servono dieci anni per presentare la domanda, ma a questi vanno aggiunti gli anni necessari per ottenere l’esame della stessa e l’emanazione del provvedimento.”
Del medesimo avviso è anche Vittoria Loffi, Consigliera Comunale a Cremona, Segretaria dell’Associazione Radicale Fabiano Antoniani e referente locale per il “Sì” al Referendum.
“Piaccia o non piaccia, l’appuntamento referendario dell’8 e 9 giugno è unico nel suo genere: da una raccolta firme liquidata come senza speranza, si è arrivati a 5 milioni di sottoscrizioni che hanno spianato la strada verso il voto.” Ha osservato a tal proposito Loffi.
“La posta in gioco sarà altissima: al cuore del voto c’è il riconoscimento di una democrazia diversa, nuova, che passa anche dal digitale, ma c’è anche l’importanza del voto fuorisede per studenti e lavoratori, un esperimento che rischia di venire strumentalizzato e fatto fallire, proprio sotto il peso di chi cerca di disincentivare il voto sacrificando quindi i 5 milioni di aventi diritto di voto a distanza. Soprattutto, c’è in gioco la narrazione sull’immigrazione”.
Loffi ha continuato: “Come si legge nel nuovo numero di Ossigeno dedicato al Referendum Cittadinanza, i protagonisti e le protagoniste di questa battaglia – come Italiani Senza Cittadinanza e Dalla Parte Giusta della Storia – stanno dimostrando che la narrazione mainstream del “non possiamo accoglierli tutti”, delle misure securitarie per contrastare i fenomeni migratori, dei CPR, dell’Albania, degli accordi con gli scafisti, non è l’unica narrazione possibile, “e di per sé, non è nemmeno quella vera”. C’è un altro racconto, come c’è un’altra Italia – ed è proprio quella che si è mobilitata per la riduzione da dieci a cinque anni come lasso temporale di residenza ininterrotta per poter presentare domanda di naturalizzazione”.
“Una proposta – Ha concluso Loffi – “per alcuni minimale, per altri più lontana della luna: la realtà è che si è trovata la chiave di volta per scardinare, pregiudizio dopo pregiudizio, discriminazione dopo discriminazione, le fondamenta di un paese che con il razzismo non ha mai fatto i conti.”
Esmeralda Rizzi, giornalista, comunicatrice ed esperta di Politiche di Genere per Cgil Nazionale, ha posto l’accento sul secondo tema caldo dell’imminente referendum: il lavoro.
“I prossimi 8 e 9 giugno, andando a votare ai referendum, avremo la possibilità di decidere direttamente se conservare o abrogare alcune delle norme che nel corso degli ultimi anni sono state alla base della grande precarietà e recessione nei diritti, che ha colpito il mondo del lavoro nel nostro paese. E anche di dimezzare da 10 a 5 anni la durata della residenza legale in Italia per la richiesta della cittadinanza, allineando le nostre norme a quelle dei principali stati europei.” Ha ricordato Rizzi.
“Dei cinque quesiti, quattro riguardano il lavoro e molto le donne perché, come tutti i dati confermano, la precarietà, le occupazioni temporanee e i condizionamenti del lavoro sulla vita privata riguardano soprattutto le lavoratrici e i giovani. A partire dalla reintroduzione del reintegro in caso di licenziamento illegittimo. Oggi, se un lavoratore o una lavoratrice vengono licenziati ingiustamente, magari come rappresaglia perché hanno avuto un attrito col capo o hanno detto un “no” ad una richiesta magari illecita, l’azienda (pur condannata) non deve reintegrare la persona che ha subito l’ingiustizia, ma solo indennizzarla.” Ha spiegato infatti Rizzi.
“Il secondo quesito riguarda la cancellazione del tetto di 6 mensilità all’indennizzo nei licenziamenti nelle piccole imprese. Due disposizioni di legge che rappresentano un efficacissimo strumento di deterrenza per chiunque voglia far valere i propri diritti o i propri no sul lavoro.”
Rizzi ha poi approfondito: “Il terzo quesito prevede la reintroduzione della causale nei contratti a termine fino a 12 mesi per i quali oggi non c’è alcun vincolo. Per comprendere appieno la portata di questo quesito basta guardare la sequenza dei dati sulla liberalizzazione dei contratti a termine. Per i lavoratori cosiddetti “giovani”- dai 15 ai 34 anni-, dal 2004 a oggi, la percentuale di contratti a tempo determinato è passata dal 19% del 2004 a oltre il 30% con un picco per laureati e sovra istruiti: un dato gravissimo perché dimostra come, con le norme vigenti, un elevato titolo di studio non è argine a condizioni di vita instabili.“
Infine, l’accento è posto sulla questione sicurezza sul lavoro:
“In Italia si verificano una media di 1200 incidenti sul lavoro mortali al giorno, quasi il quadruplo degli omicidi. Un dramma che affonda le radici anche nel sistema degli appalti e subappalti affidati a piccole imprese senza solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Il quarto quesito sul lavoro punta ad estendere la responsabilità all’imprenditore committente, garantendo così maggiore sicurezza sul lavoro e a far scendere quel dato tragico.”
L’8 e il 9 giugno, ancora una volta, saremo chiamati in prima persona, a decidere del futuro del nostro Paese. E sebbene in ossequio alle personali posizioni, e alla libertà individuale, l’invito non può che essere unanime: quello ad esercitare – comunque si desideri farlo – un diritto faticosamente conquistato, per non lasciare spazio alle gravi conseguenze dell’indifferenza.