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Dopo un nuovo 8 marzo, a che punto siamo?

L’8 marzo appena trascorso, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, ha segnato un momento di riflessione importante sulla condizione femminile in Italia e nel mondo. Nonostante i progressi degli ultimi anni, persistono infatti, tutt’ora, significative disparità e sfide da affrontare.

Oggi, a che punto siamo realmente?

Il recente DDL sul femminicidio in Italia ha introdotto misure più severe, tra cui l’inasprimento delle pene e l’implementazione di protocolli preventivi più efficaci. Un passo avanti che ha posto sicuramente in luce la specificità e la valenza culturale di tale reato. Tuttavia, attivist* ed espert* sottolineano come, in realtà, la sola risposta legislativa non sia sufficiente senza interventi educativi ad hoc, che la bozza del provvedimento tenderebbe, invece, a collocare in secondo piano. Dato cruciale, appare anche la questione generazionale: le giovani donne della Generazione Z mostrerebbero una maggiore consapevolezza dei propri diritti ed una minore tolleranza verso le discriminazioni di genere, in aperto contrasto con le resistenze culturali delle generazioni che le precedono.

Anche il gender pay gap rimane, ad oggi, una questione irrisolta. Nonostante le politiche di parità salariale, in Italia, il divario retributivo tra uomini e donne si attesta ancora intorno al 12%, con punte più elevate in alcuni settori specifici. Alla luce di ciò, anche il contesto geopolitico attuale acquisisce un ruolo cruciale: l’asse Putin-Trump non può infatti che contribuire, a propria volta, a rafforzare narrative conservative sui ruoli di genere. Le politiche nazionaliste e populiste promosse da tali leader hanno spesso messo in discussione conquiste considerate acquisite in tema di diritti femminili, influenzando il dibattito anche in altri paesi, e ponendo a rischio il futuro della democrazia europea, che si fonda anche su tali, preziose conquiste di civiltà

Le organizzazioni internazionali per i diritti delle donne hanno evidenziato come questa situazione richieda una risposta coordinata a livello globale. Rafforzando, per esempio, le reti di supporto internazionali; implementando le politiche concrete per la parità salariale e non accontentandosi di una mera logica di deterrenza; ma investendo sull’educazione sessuo-affettiva a partire dall’età scolare.

La sfida più importante per il futuro, dunque, resta quella di affiancare all’orgoglio per i progressi raggiunti la costante vigilanza su quelle libertà che le tensioni geopolitiche e le crisi economiche rischiano, a loro volta, di finire per minacciare.

Anche dopo un nuovo 8 marzo, la strada da percorrere resta in conclusione lunga, e assai complessa. Ma la crescente consapevolezza delle nuove generazioni, affiancata alla resilienza dei movimenti femministi e al clima positivo di un aumento della consapevolezza “europea” lasciano sperare che, finalmente, i tempi possano essere maturi per pensare alla costruzione di un network internazionale, a difesa della conquiste di civiltà.

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