le opinioni

E’ l’Era di Taylor Swift

Sul The Eras Touril tour dagli incassi stellari di Taylor Swift – si è detto e scritto di tutto. Tanti i detrattori della cantautrice statunitense che non riescono a spiegarsi il perché di un tale successo, non tanto lontano dall’isteria collettiva che gruppi come i Beatles erano capaci di accendere come una miccia in occasioni come il concerto allo Shea Stadium del 1966.

Eppure, la risposta è semplice e percepibile a una qualsiasi data del suo tour: con un concerto capace di riassumere in tre ore e trentacinque minuti diciotto anni di musica, Taylor Swift ha messo in scena cosa significa crescere, cambiare, cadere, sentirsi impotente per la malattia della madre o distrutta dalla perdita della propria nonna, essere una donna in carriera in un mondo a trazione maschile e, non ultimo, cosa significa saper amare anche la persona sbagliata, pagandone le conseguenze.

La sua musica è gentilezza, amarezza, delusione, spensieratezza, ma anche tanta rabbia: benvenuti non al The Eras Tour, ma al Female Rage: The Musical, dove è legittimo – se non addirittura richiesto come reale biglietto d’ingresso – liberarsi da ogni frustrazione e tentativo autodistruttivo che abbiamo messo in atto, cantando.

Taylor Swift viene spesso dipinta come una donna frivola dai tanti ex che non ha saputo mantenere stabile una relazione con almeno uno di questi, salvo il tempo necessario per scriverci una canzone. Eppure, nei suoi giochi di parole, metafore e nei mondi immaginari che ha saputo costruire, Taylor Swift mantiene un pregio che nessuna Santa Inquisizione della sua vita privata potrà mai toglierle: con le sue canzoni regala a chiunque abbia la pazienza di ascoltarla un pezzo di sé, si cura e guarisce una collettività ferita dagli eventi che a ciascuno – anche a Taylor Swift – capitano nella vita.

È anche per questo che la cantautrice inaugura ogni data con lo stesso discorso, raccontandosi alla folla e augurandosi che quelle canzoni che ha scritto negli anni sulla sua vita e che chiunque di noi ha legato a doppio filo a persone o ricordi specifici, oggi prendano un altro significato: ed è così, perché i dieci minuti di All Too Well (per un imperdonabile Jake Gyllenhaal), le grida di The Smallest Man Who Ever Lived (a tutti i Matty Healy della nostra vita) o lo spirito di reputation (contro un mondo che si aspetta di non vedere rinascere nulla dalle ceneri di una persona), ora appartengono solo a chi a quel concerto c’era.

Così tanti anni nel mondo della musica hanno significato sapersi reiventare, dal genere country (divenuto troppo stretto col passare degli anni, anche da un punto di vista politico, inibendo spesso all’artista pluripremiata prese di posizione) a quell’elegia pop che è il suo album 1989, al synth-pop di Midnights, fino all’ultimissimo album, The Tortured Poets Department (TTPD).

TTPD marca anche un certo distacco con i fan – spesso puntigliosi ed eccessivamente esigenti nei confronti dell’artista pluripremiata – a quali Taylor, pur regalando una antologia di 31 nuove canzoni crude, spesso emotivamente violente, di puro autoannientamento, non dimentica di dire: “preferirei dare la mia intera vita alle fiamme piuttosto che ascoltare un altro secondo di tutte queste lamentele” in But Daddy I Love Him.

Taylor Swift è, infatti, ormai una donna di 34 anni che racconta della disperazione grezza (tendente all’alcolismo) di desiderare semplicemente una persona in grado amarla e che non le stimoli il desiderio di liberarsi della sua stessa pelle perché sfiorata da qualcuno che di lei ha fatto solo carta straccia. Canta, insomma, per chiunque si sia sentito minimizzato, umiliato e messo alla berlina per i propri sentimenti. Da donna libera le donne, le legittima a sentire tutto.

E così, one Era at a time, un’era della sua vita alla volta, l’artista dai 14 Grammys ci spinge ad abbracciare la normalità del cambiamento, mutando come la pelle di un serpente – animale simbolo per Taylor Swift dopo gli anni passati ad essere dipinta come una vipera dal duo Kanye West e Kim Kardashian.

Taylor Swift ha portato il mito di Barbie dell’estate 2023 su un altro livello: sta cercando di creare una femminilità permanente di cui essere orgogliosi e capace di insegnare anche ai maschi che finché siamo fedeli a noi stesse e a ciò che sentiamo tutto è lecito. Ecco perché non causa fatica credere a uno dei tanti miti legati al The Eras Tour, ovvero che Taylor Swift canti le canzoni nel set acustico (chitarra prima, piano poi, con una selezione completamente a sorpresa per ogni data) che hai bisogno di sentire in quel momento, e mai quelle che preferisci. Una leggerezza che ci si racconta, capace di strappare ad ogni fan un sorriso spensierato – come d’altronde vuole quel concerto.

LA PAROLA A VOI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

TAGS

CONTRIBUTOR

  • Vittoria Loffi

    Vittoria Loffi è studentessa universitaria e attivista femminista. È autrice del podcast “Tette in Su!” prodotto per Eretica Podcast e fra le coordinatrici della campagna nazionale “Libera di Abortire” per un libero accesso all’aborto in Italia. Contributor e presenza attivissima de Le Contemporanee.

    Visualizza tutti gli articoli

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di LeContemporanee.it per rimanere sempre aggiornato sul nostro Media Civico