le opinioni

Geopolitica dei femminismi: un legame a doppio filo

La generazione #MeToo ; la rivoluzione delle donne iraniane, guidata dal monito “Donne, vita, libertà”; la lotta agli stupri collettivi in India; Women2drive (Arabia Saudita); Femen (Ucraina);  Pussy Riots  (Russia); Ni una menos, (Argentina); oggi, i movimenti femministi sono diventati fenomeni globali, cartine al tornasole dell’evoluzione di legislazioni e società. Parallelamente, assistiamo però ad un potenziamento delle forze che li contrastano: anche gli anti-femminismi si sono evoluti, sviluppandosi come fattore politico e geopolitico. Quali sfide globali attendono, dunque, i femminismi presenti e futuri?

Lunedì 30 ottobre, dalle ore 15.30, all’interno della rassegna Italo-francese “Voce alle donne!”, organizzata da Institute Française e dall’Ambasciata francese in Italia, con la media partnership di Le Contemporanee, ha avuto luogo il panel “Geopolitica dei femminismi”, presso l’Aula Magna Mario Arcelli dell’Università LUISS Guido Carli

Introdotto dai saluti istituzionali del professor Raffaele Marchetti, Prorettore per l’Internazionalizzazione Luiss Guido Carli,  e di Cyril Blondel, Ministro Consigliere dell’ Ambasciata di Francia in Italia (che hanno ribadito, in primis, lo scopo della rassegna italo-francese “Voce alle donne!”, quale occasione di approfondimento intorno ai femminismi nella loro globalità intersezionale), il panel è stato moderato da Valeria Manieri, giornalista e Co-founder del Mediacivico Le Contemporanee.

“I diritti delle donne, intesi in un’accezione più ampia, divengono anche  termometro per comprendere lo stato di salute dei regimi, delle democrazie imperfette ma anche della grande casa europea…- Ha sottolineato infatti Valeria Manieri – E proprio sullo sfondo di momento storico in cui il mondo appare in subbuglio,rischiando di trasformarsi in una grande polveriera, risulta evidente che i diritti delle donne nella storia contemporanea abbiano registrato un andamento incostante. Non a caso, ogni qualvolta si concretizzino scenari di gravi tensioni geopolitiche, quasi sempre, le donne risultano tra le prime a farne gravemente le spese.”

Lo sforzo sinergico delle relatrici intervenute, è divenuto quindi non soltanto quello di disegnare la mappa dei femminismi in tutto il mondo: ma anche di evidenziare i loro profondi legami con i sistemi di governo, in grado di influenzare significativamente restringimenti o espansioni delle libertà civili.

Emblematica, la testimonianza della giornalista e scrittrice Luciana Borsatti, corrispondente di Ansa sino al 2018, principalmente dal Cairo e Teheran. 

“In questi anni, mi sono lungamente occupata di Iran, laddove le donne appaiono forti, determinate e rappresentano il 60% della popolazione universitaria, con altissime performance apprenditive soprattutto in ambito tecnico-scientifico…- Ha sottolineato Borsatti – Qui, l’opposizione di esprime in maniera molto efficace, persino dal carcere: pensiamo solo a Narges Mohammadi, attivista vincitrice del Premio Nobel per la pace 2023. Tuttavia, se è ben noto che il movimento “Donna, Vita, Libertà” abbia conosciuto una notevole risonanza anche all’estero, soprattutto a seguito della drammatica uccisione di Mahsa Amini, verrebbe alquanto naturale domandarsi perchè, invece, le lotte delle donne afghane, la cui condizione è precipitata, dopo il ritorno dei talebani a Kabul, non abbiano ricevuto nè la medesima adesione, nè un’adeguata copertura mediatica. Sicuramente, le ragioni di ciò vanno ricercate nella pesante riduzione degli spazi di protesta, imposta dal regime talebano. Ma anche nel fallimento occidentale.”

Con grande lucidità, Luciana Borsatti ha individuato infatti i profondi legami tra le restrizioni delle libertà civili ed il rafforzamento di “idee patriarcali e repressive”, entrambi conseguenza diretta  di un “arroccamento ad atteggiamenti isolazionisti dal punto di vista della politica estera.”

In questo senso, la grave pressione anti-iraniana del governo Trump avrebbe avuto un ruolo fondamentale: il fallimento dell’accordo sul nucleare, con il ritorno di pesanti sanzioni economiche particolarmente onerose per la società civile,  avrebbe infatti segnato la sconfitta dell’elite intellettuale iraniana, costituita da riformisti e moderati, consolidando l’ascesa degli “ultraconservatori.”

Anche la forte componente antiamericana dell’Islam Politico, di matrice sunnita, non può prescindere da una analisi dialettica, che getta le sue radici nel tessuto sociale.

“Per esempio, in Egitto, laddove si registravano situazioni di povertà diffusa, gli aiuti concreti e gli interventi di charity dei Fratelli Musulmani hanno certamente avuto un ruolo chiave nell’agenda politica, allo scopo di favorire il ritorno all’islamizzazione…- Ha ricordato, ancora, Borsatti – …Nulla di troppo lontano rispetto a quanto accaduto, come attestano gli scenari incredibilmente drammatici attualmente in corso, con le forze del movimento Fatah: esso stesso emanazione dei Fratelli Musulmani, quest’ultimo è cresciuto a fronte dell’inefficacia della classe dirigente laica autoctona nel trovare una risposta alla questione israelo-palestinese.”

Marie-Cécile Naves, direttrice dell’Osservatorio “Genere e geopolitica” dell’IRIS (Institut de Relations Internationales et Stratégiques) ha evidenziato il ruolo chiave delle nuove generazioni di femministe, che promuovono profonde trasformazioni all’interno dei sistemi politici e di governo.

La lotta alle strutture del patriarcato, che investono la società nella sua globalità, concretizzandosi in approcci anti-scientifici ed ostili al progresso, non può infatti prescindere da una lettura multidisciplinare.

Interpellata da Valeria Manieri sull’apparente binomio tra femminismo ed anticapitalismo, la professoressa ha evidenziato la fondamentale valenza critica femminista, mirata a quel capitalismo che si basa “sullo sfruttamento della natura dell’altro, e su un approccio monopolizzatore delle risorse disponibili per trarne univoco profitto.”

Inoltre, in riferimento al fenomeno #MeToo, Naves ha ricordato che, con maggior proprietà, la società attuale dovrebbe essere definita nei termini di #PostMeToo: uno scenario globale laddove le giovani donne hanno acquisito ampia capacità di influenza in Europa, risultando, come in Polonia,  significativamente in grado di sgretolare il consenso delle destre sessiste.

Infine, Naves ha denunciato la mancanza di coerenza delle politiche pubbliche, che risultano sempre pesantemente in ritardo nel farsi carico delle urgenze dei cittadini.

“In Francia, le violenze sessuali perpetrate in ambiente universitario hanno, per esempio, conosciuto ampio risalto mediatico proprio di recente. Con grande sollievo di tutti, sono infatti le denunce (più che il fenomeno medesimo) ad essere numericamente aumentate: parallelamente, dovrebbero però aumentare anche i percorsi di accompagnamento delle donne che si vogliono affrancare da una situazione di violenza, restituendo slancio a precedimenti penali troppo spesso inconcludenti. -…Ha osservato Naves –  Soltanto pochi week-end fa, il Presidente Macron ha annunciato di voler inserire il diritto all’aborto nella Costituzione: ma il lunedi successivo, in Senato veniva già discusso un disegno di legge per vietare la scrittura inclusiva. Simili iniziative denunciano l’incoerenza di una politica che, anche in Europa, legittima troppo spesso lo sconforto, e l’astensionismo.”

Il profondo legame tra i femminismi e la cultura di riferimento ha preso corpo anche attraverso l’intervento di Giulia Pompili, giornalista de Il Foglio specializzata in Asia Orientale.

“Non dobbiamo tralasciare di ribadire che l’Asia Orientale è permeata dal Confucianesimo, il quale impone una rigidissima struttura sociale, che condiziona in toto il modus vivendi e, con esso, anche le interazioni sociali fondamentali – Ha osservato Pompili – Per esempio, è considerato perfettamente normale che in Corea del Sud, il capo di un chaebol  (grande conglomerato industriale, subordinato ad un potere familistico) lanci fisicamente alle sue segretarie tutto ciò di cui si deve disfare: un atteggiamento che, in Occidente, considereremmo invece quantomeno inopportuno. Magari, questo pensiero potrà farci ingenuamente sorridere: ma si tratta invece del segnale importante di una profonda distanza culturale tra Europa e Asia Orientale.”

Giulia Pompili ha inoltre ricordato l’esperienza del  movimento femminista Ribu, nato intorno agli anni ‘70 in Giappone e profondamente legato ad azioni di forza, con una matrice di estrema sinistra.

“Un altro esempio significativo proviene da Seoul: era il 2016 quando, ogni settimana, gruppi di donne scendevano in piazza per chiedere al governo di criminalizzare il fenomeno dele Molka..- Aggiunge ancora Pompili – Si trattava di microtelecamere che, dopo essere state posizionate in ogni luogo ove le donne si trovavano in intimità, davano origine a condivisioni non autorizzate di tali immagini sui canali Telegram, esprimendo efficacemente i rapporti di forza tra sessi, così come la unilaterale volontà di potenza dell’uomo sulla donna.”

Non mancano, tuttavia, scenari di apertura: proprio a Taiwan, l’altra Cina, dopo “gli anni del terrore bianco”, la Presidente in carica è attualmente una donna, Tsai Ing-Wen, la quale ha di recente offerto il suo forte sostegno al Taiwan Pride, che ha chiamato a raccolta più di 180.000 partecipanti.

In seguito, il Panel si è soffermato, attraverso le riflessioni delle relatrici, anche sul ruolo del concetto di “genere” all’interno del dibattito femminista. Francesca Cavallo, autrice bestseller ed imprenditrice, ha recato infatti la propria testimonianza professionale e di vita, scaturita da una permanenza negli Stati Uniti durata dieci anni.

“Ho creato un’ azienda in Silicon valley: comprensibilmente, fare ciò significa misurarsi con un ambiente fortemente machista…- Ha spiegato Francesca Cavallo – E se è vero che, dal punto di vista del dibattito pubblico, in Usa si registra una consapevolezza formale dell’importanza di alcuni temi, ed una volontà della leadership di coinvolgere le donne, permane pur sempre una incapacità endemica di relazionarsi a loro in maniera corretta.”

“Questo problema trova forse le sue radici in una lettura piuttosto grossolana della realtà …- Ha ribadito Cavallo – D’altro canto, si tende troppo spesso a dare per assodato che il sistema vigente non possa essere modificato, e che l’unico modo per intervenire su di esso sia semplicemente fare in modo che apra le sue porte sia agli uomini che alle donne, in egual numero.

Ma occorre, invece, rifiutare questa logica meramente assimilatoria, e rileggerla attraverso la lente del femminismo intersezionale.

Che non può più – soltanto – essere applicato ad un discorso etnico, o di genere: ma anche prendere in considerazione altri fattori; quali la povertà, il livello di istruzione ed il contesto sociale di riferimento, che per esempio influenzano anche, significativamente, i diritti dei minori.”

“Geopolitica dei femminismi”, si è infine concluso con il sentito ringraziamento della professoressa Emiliana De Blasio, docente di Sociologia della Comunicazione e Gender Politics presso la Luiss Guido Carli, e direttrice dell’OGID (Observatory on Gender, Inclusion and Diversity), che ne ha ricordato l’importante significato. Accostare identità, pluralismi e femminismi, ribadendone la piena dignità e le necessità di un’ analisi dialettica, che ne evidenzi le reciproche influenze, consentendo così al “vecchio” femminismo europeo di operare il rinnovamento di cui ha, forse, realmente bisogno.

Ma anche rammentare che quel titolo, volutamente plurale, non può prescindere da una profonda modificazione: ed abbracciare quelle plurime soggettività, ricomprese in chiave politica e sociale, dovrà dunque equivalere alla rinuncia ad un modello di “democrazia paritaria”, a favore della ben più auspicabile “democrazia equalitaria.”

Una speranza che, lucidamente, non può che tenere conto del profondo legame tra geopolitica e femminismi: poichè d’altra parte, è realmente pensabile trasformare quei diritti civili senza leggerli alla luce dei complessi rapporti di forza in cui essi trovano spazio?

La parola voi.

LA PAROLA A VOI

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