Istantanea

Se un diritto è mio diritto

A una settimana esatta dalla giornata internazionale per l’aborto sicuro, ricorrenza celebrata per ricordare al mondo quanto il femminismo abbia guadagnato in materia di diritti riproduttivi – e quanto ancora, però, rimanga per cui lottare – ci sono tutti gli strumenti per ammettere che, anche per quest’anno, l’aborto in Italia si è dimostrato tutto meno che sicuro.

Sempre più vicini allo scoccare di un intero anno solare dall’insediamento del governo Meloni nell’ottobre 2022, la fatidica minaccia – incarnata specialmente dalla Ministra per la famiglia e le pari opportunità Eugenia Roccella – di un attacco frontale alla legge 194 non sembra essersi mai concretizzata.

Ciononostante, la destra più reazionaria della storia della Repubblica conferma con le sue azioni su base regionale e di prossimità territoriale una volontà che i tanti gruppi femministi nazionali hanno cercato di denunciare lanciando un segnale d’allarme anzitempo, come tante Cassandra unite in coro: la destra non ha bisogno di abrogare o emendare la legge 194 causando, dunque, una sommossa popolare; le basta (e avanza) una norma che per 45 anni ha permesso di tirare il freno a mano del progresso nel campo sterminato dei diritti riproduttivi e della giustizia riproduttiva.

Una legge (ormai insufficiente) esiste, ma non la rispettano, a partire dal Ministro della Salute Orazio Schillaci. Secondo la legge (art.16), infatti, il Ministro della Salute ha il dovere di trasmettere al Parlamento una relazione sull’attuazione della norma entro il mese di febbraio. Di anno in anno, il ritardo con cui questa relazione perviene ai Rappresentanti parlamentari si aggrava fino ad arrivare – ad oggi – a una completa sparizione della relazione. Una mancanza che può apparire come irrilevante ai più, ma che disvela il poco peso riservato al diritto all’informazione sull’aborto da parte di questo governo – appesantita ulteriormente se si considera che la Relazione è l’unico strumento istituzionale a disposizione dei cittadini per conoscere lo stato dell’accesso all’aborto in Italia.

Uno strumento che, comunque – va sottolineato – quando disponibile, racconta un’Italia fallace, distaccata dal reale e che non risponde ai tanti interrogativi sollevati dalle testimonianze e dai racconti che piovono da ogni parte d’Italia: perché se ogni relazione celebra aborti in calo e l’assenza di ostacoli all’accesso alle interruzioni volontarie di gravidanza, ogni giorno i corpi e le voci di chi di decide di abortire riconfermano, invece, l’esistenza di un sistema basato sulla violenza, sulla continua negazione di un diritto, sullo stigma e sugli ostacoli medici e istituzionali? Basti prendere ad esempio il recentissimo report di Medici Nel Mondo che racconta i ritardi e le opposizioni all’affermazione dell’aborto farmacologico in Italia.

L’aborto farmacologico, infatti, permettendo una crescente deospedalizzazione e riappropriazione delle pratiche abortive da parte di chi compie questa scelta riproduttiva sembra incarnare uno dei grandi nemici della destra che, in assenza di una previsione chiara all’interno della 194, sfrutta la flessibilità permessa da linee di indirizzo ministeriali – al momento le uniche a tentare di regolamentare l’accesso all’aborto farmacologico in Italia – per continuare ad ostacolarlo, impedirlo e renderlo pressoché inaccessibile.

Alcuni esempi – a cui non può che seguire un lungo elenco di insufficienze testimoniato dalla legittima presenza del personale anti-scelta nei consultori; i tassi di obiezione di coscienza sregolati; una legislazione non chiara sull’aborto terapeutico e tempistiche per abortire conservate tra le più stringenti in Europa e nel mondo – che fanno riecheggiare una necessità impellente, anche con questo governo: aggiornare e superare la legge 194. Se da un lato, infatti, è più che chiaro come la destra non abbia intenzione di toccare una legge che la favorisce nell’azione capillare, è arrivato il momento per il fronte pro-choice di proporre un vero diritto all’aborto incentrato sui corpi gestanti.

Questo è il tentativo della legge di iniziativa popolare presentata da Radicali Italiani, Libera di Abortire e molte realtà transfemministe impegnate in una campagna aperta ad ogni realtà civile e politica: quello di portare finalmente l’aborto “al sicuro”, riconoscerlo come diritto incentrato sull’autodeterminazione dei corpi estirpando alla radice tutti gli ostacoli morali e amministrativi all’aborto che si sono sommati e sedimentati in questi anni nel nostro paese. Una raccolta firme non semplice, ostacolata dalla mancanza di informazione, dall’assenza di una piattaforma pubblica per la raccolta firme online e dalla difficoltà di condividere, in un paese ancora intriso di stigma e giudizi, le vere storie dei nostri aborti – ma che deve vederci unite, penne in mano pronte a firmare, ma soprattutto all’attacco per rivoluzionare i nostri diritti.

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CONTRIBUTOR

  • Vittoria Loffi

    Vittoria Loffi è studentessa universitaria e attivista femminista. È autrice del podcast “Tette in Su!” prodotto per Eretica Podcast e fra le coordinatrici della campagna nazionale “Libera di Abortire” per un libero accesso all’aborto in Italia. Contributor e presenza attivissima de Le Contemporanee.

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COMMENTI

Una risposta

  1. Ho conosciuto la 194 da subito alla sua applicazione!!e stata una dura lotta contro obiezioni varie resta comunque a mio parere una legge da difendere sicuramente da migliorare dopo 45 anni e inserire nei consultori personale medico e ostetrico i fermieristoco non obiettore diversamente sono un ostacolo all’applicazione della stessa

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